Dirigente scolastico e inclusione, un binomio essenziale. Con qualche criticità

Studenti che corrono

Intervista a Laura Biancato, dirigente presso un istituto di Asiago. “Metodologie, organizzazione di spazi e tempo, documentazione, formazione sono elementi che il dirigente deve inserire nella macro-progettazione per rendere la scuola inclusiva. Ma le nostre responsabilità sono aumentate, gli strumenti no”

ROMA – “L’inclusione, come l’innovazione, è una tematica fondamentale, che il dirigente scolastico non dovrebbe delegare, come a volte accade. Purtroppo però, per garantirle fino in fondo, non disponiamo pienamente di strumenti fondamentali”: sa bene quanto possa fare un dirigente Laura Biancato, che questo ruolo lo ricopre da trent’anni e oggi dirige l’Istituto superiore Mario Rigoni Stern di Asiago. Ma sa anche quali siano i limiti con cui, suo malgrado, questa figura deve fare i conti ogni giorno. Ne parlerà nei prossimi giorni al convegno Erickson dedicato all’inclusione scolastica, in programma a Rimini dal 15 al 17 novembre.

Cosa può e deve fare un dirigente scolastico per costruire e assicurare un clima inclusivo?
Occorre innanzitutto superare la micro progettazione. Molti dirigenti hanno la tendenza a delegare alcune questioni ad altre persone, che rischiano di operare in modo disgregato. Invece tematiche importanti come l’inclusione e l’innovazione devono essere inserite dallo stesso dirigente nella macro progettazione, perché ci sia coerenza di fondo.

Quali sono gli elementi che rendono una scuola inclusiva?
Innanzitutto l’ambiente, non solo in termini di accessibilità ma anche di benessere generato: in questo senso, sono determinanti gli allestimenti, gli arredi, i colori, gli spazi comuni ecc., tutti aspetti da progettare in modo sistematico. Un secondo elemento è rappresentato dalle metodologie inclusive, di cui pure il dirigente deve essere consapevole. Il terzo aspetto è l’organizzazione dei tempi e degli spazi. Un altro elemento è la documentazione: ogni ragazzo deve essere conosciuto nella sua specificità e nelle sue caratteristiche personali e cognitive: le informazioni vanno quindi raccolte, conservate e rese accessibili a tutti, ovviamente nella garanzia della privacy. Infine, c’è naturalmente la formazione degli insegnanti su tutti gli aspetti di cui sopra. Ecco, il dirigente scolastico deve avere ben chiari questi elementi, che devono far parte dell’offerta formativa.

Il dirigente riesce effettivamente a occuparsi di tutto questo?
Ultimamente, ci è toccato più occuparci delle parti formali della scuola piuttosto che di quelle sostanziali. Ma suggerisco a tutti i miei colleghi, in particolare ai quasi 2 mila neo dirigenti, di mantenere sì l’attenzione desta sulla parte burocratica che ci compete, ma anche di dedicare tanto tempo ai criteri di progettazione della scuola, che hanno ricaduta immediata e a volte devastante sugli studenti.

Alcuni dirigenti scolastici, nella relazione di autovalutazione, enfatizzano come pregi delle proprie scuole l’assenza di studenti disabili o stranieri. Cosa ne pensa?
Certamente non mi piace leggere rapporti come quelli, che sono stati anche ripresi da alcuni giornali tempo fa, suscitando giusto sdegno. Devo però precisare che è la stessa piattaforma ministeriale, su cui queste relazioni vanno compilate, a chiedere questo genere di indicazioni: in altre parole, sono le domande che inducono facilmente alcune risposte.

Quando l’inclusione non funziona, è il dirigente scolastico il responsabile ultimo? Pensiamo ai problemi del sostegno, per esempio.
Questo è un grande limite: in Italia il dirigente scolastico è considerato responsabile senza avere però gli strumenti per esserlo davvero. È un difetto macroscopico del nostro sistema, a cui possiamo apporre rimedi parziali. Prendiamo l’esempio del sostegno: noi possiamo chiamare i docenti solo da graduatorie incrociate, in cui non ci sono insegnanti specializzati per il sostegno. Dobbiamo dare l’incarico a chiunque si dica disponibile. Sappiamo che spesso chiamiamo persone non preparate, ma non possiamo farci niente, se non provare a sopperire, almeno in parte, con la formazione. E poi c’è il problema dei docenti curricolari, che pure partecipano del processo inclusivo: sappiamo che non sono preparati per affrontare, per esempio, studenti con autismo. E facciamo di tutto per promuovere la formazione e fornire strumenti adeguati, ma è chiaro che il problema è a monte.

E per quanto riguarda i problemi strutturali, come l’accessibilità e la sicurezza?
Ecco, questo per noi è un vero e proprio dramma: il 30 ottobre ero a Roma, a manifestare insieme a centinaia di colleghi, contro un sistema che ci addossa la responsabilità di edifici che però non sono nostri e su cui non abbiamo di fatto voce in capitolo. Eppure, quando un ragazzo ha un incidente a scuola per via di un difetto strutturale, la responsabilità è nostra. Lo stesso accade quando manca un ascensore e la scuola risulta inaccessibile per uno studente in carrozzina: il dito viene sempre puntato verso di noi, che magari da anni denunciamo e sollecitiamo una soluzione. Siamo gli unici dirigenti dello Stato con responsabilità dirette su edifici non di proprietà

Dove va ricercata l’origine del problema?
Nella incompleta attuazione del regolamento sull’autonomia scolastica. Paradossalmente, abbiamo subito un aumento di centralizzazione di tutti i processi e riversamento sulla scuola di tutta la parte burocratica: è aumentato tutto quello che riguarda la burocrazia, sono aumentate le responsabilità ma non gli strumenti. L’autonomia prevedeva un decentramento decisionale che di fatto non c’è stato. Da un lato viviamo con ottimismo la possibilità di fare cose importanti, dall’altro ci scontriamo con i limiti operativi. E’ una contraddizione che speriamo si possa presto superare.

Tratto da: https://www.superabile.it/cs/superabile/istruzione/20191115-intervista-dirigente-scolastico-su-inclusione.html