“Il collega è stato lasciato solo”: la stampa estera e gli insulti di Salvini al giornalista di Repubblica

ppI corrispondenti stranieri dall’Italia commentano il silenzio degli altri giornalisti durante l’attacco del vicepremier a Valerio Lo Muzio nel corso di una conferenza stampa. “Se il leader leghista ha deciso di imitare lo stile di Trump, siete messi male”

Matteo Salvini che attacca il giornalista Valerio Lo Muzio, insultandolo pesantemente davanti a tutti nel corso di una conferenza stampa, è una scena che – purtroppo – si è già vista. Ricorda per i toni duri dello scontro, ad esempio, quanto avvenuto nella sala stampa della Casa Bianca, il 7 novembre del 2018, fra il presidente Donald Trump e il giornalista della Cnn Jim Acosta. Intorno ad Acosta si strinse la solidarietà dei giornalisti americani, anche di testate concorrenti. Durante la conferenza stampa presso il ristorante del Papeet beach, a Milano Marittima, l’attacco di Salvini a Lo Muzio è avvenuto nel silenzio dei giornalisti presenti, ad eccezione ovviamente dell’inviato di Repubblica Carmelo Lopapa.

Come ci si comporta negli altri Paesi nel caso in cui il potente di turno se la prende con il giornalista che gli rivolge una domanda scomoda? Alcuni corrispondenti dall’Italia iscritti alla Stampa Estera tentano di dare una risposta, e commentano l’episodio. “Se Salvini, che non hai mai nascosto una sua grande ammirazione per Trump, ha deciso di imitare lo stile del Tycoon di attaccare e insultare i giornalisti che il presidente Usa descrive come ‘nemico del popolo’, siete messi male voi italiani”, commenta Trisha Thomas, corrispondente della Associated Press e presidente dell’Associazione Stampa Estera.
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Barbie Nadeau, collaboratrice della Cnn e del The Daily Beast: “Quando lavoriamo insieme, siamo una sorta di ‘troupe’ con gli altri giornalisti, noi svolgiamo un lavoro comune, che è la ricerca sempre della verità. E se qualcuno fa un attacco ingiustificato a un collega giornalista, dobbiamo rispondere tutti insieme”.

Chris Livesay, corrispondente Public Broadcasting Service (la tv pubblica nazionale Usa): “Io difenderei al massimo la libertà della parola, non so dire come si potrebbe manifestare questa difesa a seconda della particolarità della situazione. Ma questo è il nostro incarico di giornalisti, anche difendere un altro collega. Anche se questo collega sta esprimendo un concetto che non condivido e non sostengo. Ma quando vedo un giornalista che rappresenta il pubblico attaccato per esprimere la sua voce e il suo diritto a parlare, ebbene sì: io sarei insorto in sua difesa”.

 

Eric J. Lyman, freelance che lavora per Usa Today e Washington Times: “La stampa italiana sente molto la concorrenza tra giornalisti di diverse testate, mentre c’è molta più collaborazione, ad esempio, tra giornalisti americani. Non c’è l’idea di ‘fregare’ la concorrenza: magari c’è questo eccesso di competizione tra testate che potrebbe spiegare il comportamento dei giornalisti durante l’attacco di Salvini a Lo Muzio, il pensare ‘non è un mio problema perché lavoro per un’altra testata’. Non si sa mai cosa uno farebbe se si trovasse in quella situazione, mi piacerebbe pensare che io inscenerei una protesta”.

Philip Willian, giornalista inglese ex The Guardian, ora Times, ex presidente della Stampa Estera: “Direi che per i giornalisti britannici c’è una lunga tradizione di tentare di fare il cane da guardia nei confronti dei politici e dunque per noi è normale fare domande il più difficile e aggressive possibile. Se il politico non risponde, si ripete più volte la domanda insistendo. In Gran Bretagna c’è una situazione di conflittualità tra la stampa e la politica che penso sia utile, un bene per la società. Quando ero presidente della Stampa Estera in carica abbiamo avuto ospite Salvini e mi è piaciuto cominciare la conferenza stampa con la domanda più difficile che mi è venuta in mente. E lui si sorprese”.
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Courtney Walsh, di Fox News: “L’attacco ai giornalisti in questi giorni è un atto di discredito a tutta la stampa. Ricordo l’episodio che ha visto protagonista Jim Acosta, fu davvero umiliante e scioccante. Il caso di Lo Muzio mi fa venire in mente che anche io fui protagonista di un un episodio analogo: qualche anno fa assistetti su un autobus a un pestaggio di un immigrato da parte della polizia, filmai l’episodio e anche io fui pesantemente minacciata. E nessuno mi difese. Fui scioccata, impaurita e sorpresa. E mi sorprende ora che nessuno sia intervenuto in difesa del vostro collega. Mi provoca un gran dispiacere questo clima di paura e di minaccia contro i giornalisti”.

“Oggi – conclude Trisha Thomas – in molte parti del mondo i cronisti vengono screditati quotidianamente, accusati di diffondere notizie false che sono spesso semplicemente notizie non gradite alle persone al potere. Questo processo di delegittimazione dei media ha avuto effetti corrosivi, con l’aumento della sfiducia in tutte le istituzioni. I pericoli di questa tendenza sono palesi. Il valore di una stampa libera e indipendente è oggi più che mai necessaria. Getta le basi per la democrazia, è fondamentale per la giustizia e per i diritti umani, ed è una delle garanzie più importanti contro l’autoritarismo e gli abusi di potere”.

Tratto da:
https://www.repubblica.it/politica/2019/08/02/news/caso_moto_d_acqua_stampa_estera_il_collega_andava_difeso_-232617877/?ref=RHPPLF-BH-I232536239-C8-P1-S1.8-T1