Il mio assistente ha quattro zampe: torna la Giornata del cane guida

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Non solo cani guida, ma addestrati anche per essere di aiuto alle persone con disabilità fisica, uditiva, cognitivo relazionale e psichica. Possono riempire la lavatrice o allertare prima dell’arrivo di una crisi epilettica o glicemica. Per la Giornata del 16 ottobre, l’inchiesta sui cani che assistono.

ROMA – In principio era la pet therapy, in Italia interventi assistiti con gli animali anche nei reparti di pediatria, nelle case di riposo per anziani e nei centri diurni per disabili. Poi le Linee guida nazionali del 2015 hanno introdotto un capitoletto sui “cani di assistenza alle persone con disabilità” per far emergere un mondo che ormai esisteva già da qualche anno e che nulla , o quasi, ha a che fare con la pet therapy. Un mondo fatto non solo di cani guida per i non vedenti (gli unici tutelati dalla legge), ma anche di cani che svolgono compiti che chi ha problemi fisici, cognitivi, mentali o di udito non riesce a eseguire autonomamente. Come per esempio andare a prendere il telefono quando suona o anche solo avvisare se squilla, oppure fare da ponte nell’interazione sociale, verbale e relazionale con le altre persone o nel rapporto con se stessi e le proprie emozioni. Un universo, quello dei cani da assistenza, che comprende anche cani d’allerta per determinate malattie e cani che accompagnano chi soffre di sindrome da stress post traumatico, in cui si sono fatte strada alcune associazioni che già si occupavano di interventi assistiti con gli animali e che si sono via via specializzate nella loro preparazione, autonomamente o in collaborazione con centri di addestramento cinofilo e allevamenti.

Dog4Life onlus, con sede a Milano e in Toscana, è stata una delle prime in Italia; tra i loro abbinamenti ce n’è uno particolare: quello di Brenda e Tatà, una bambina con frequenti crisi epilettiche e una cagnolina che riesce a riconoscere precocemente i suoi attacchi dall’aumento della sudorazione. Un po’ come sta facendo il Progetto Serena con i cani per l’allerta delle crisi diabetiche che riconoscono i valori glicemici dall’odore della saliva. Ne parla l’inchiesta di Michela Trigari pubblicata sulla rivista “SuperAbile Inail”.

Il training di un cane da assistenza parte dalla scelta del cucciolo e passa dall’affidamento a una famiglia che si occupa di garantirne la socializzazione e l’educazione di base; successivamente l’animale viene formato in modo specifico per i compiti che dovrà svolgere e poi assegnato alla persona con disabilità che l’ha richiesto. Un’altra modalità di formazione è quella di affidare il cucciolo direttamente alla persona disabile e avviare un percorso educativo condiviso da entrambi: questo secondo approccio sembra ridurre maggiormente il numero di cani che non raggiungono l’operatività, risultando anche meno costoso. Le spese per l’addestramento, infatti, vanno dai 10mila ai 15mila euro, qualcosa di più nel caso di cani guida per non vedenti, motivo per cui le associazioni sono sempre alla ricerca di fondi. Per i tempi ci vogliono invece 12-24 mesi, compreso l’inserimento al fianco della persona con disabilità. Intanto, in attesa di un processo di armonizzazione e normazione italiano ed europeo sui cani da assistenza, le storie più belle le raccontano i padroni dei loro amici a quattro zampe.
Alessandra, Lulù e un istituto di riabilitazione
Dopo un incidente stradale nel 2002, la conseguente paraplegia e il ricovero all’Istituto di Montecatone (Imola) per la riabilitazione, Alessandra ha deciso di prendere un cucciolo perché si sentiva un po’ giù. «Prima di Lulù mi vergognavo a uscire di casa e a farmi vedere in carrozzina. Ero in quella fase in cui seduta non mi piacevo. Lei però è riuscita a canalizzare i miei pensieri verso altro e, nell’accudirla, ho capito che potevo ancora essere utile». Ma un giorno, tirando forte il guinzaglio in un parchetto di Massa Lombarda, in provincia di Ravenna, dove Alessandra Santandrea vive da 43 anni, il cane la fa ribaltare. Così entrambi iniziano un percorso di educazione cinofila, poi si danno all’obedience – una disciplina fatta di una routine di esercizi di “obbedienza” – e infine arriva il lavoro per fare da supporto.

“Oggi Lulù apre e chiude porte e cassetti, mette i panni nella lavatrice, mi porta le mollette quando stendo il bucato”, racconta. Conoscono Marina Casciani, responsabile dell’associazione ferrarese Chiaramilla, e insieme scrivono un libro, ‘La sedia di Lulù’, da cui è stato tratto anche uno spettacolo teatrale. «Intanto sono diventata io stessa operatore di pet therapy”. “Ora lei e altre due ex pazienti dell’ospedale di Montecatone, Lisa e Silvia, portano avanti con Chiaramilla ‘Abili a 4 zampe’, un progetto di interventi assistiti con gli animali all’interno dello stesso istituto”, dice la referente dell’associazione.

A Montecatone utilizzano gli interventi con i cani come fossero «delle vere e proprie attività riabilitative: lanciare una pallina, mettere le crocchette nella ciotola, accarezzare il loro pelo, infatti, sono tutti esercizi per la mobilità di braccia e mani», spiega Roberta Vannini, coordinatrice di Terapia occupazionale dell’ospedale imolese. “Inoltre facciamo conoscere la figura dei cani da assistenza, validi ausili per molte persone con lesione spinale”. “Peccato che manchino i fondi per il loro addestramento, un albo delle figure professionali riconosciute e non esista ancora né un metodo applicativo standardizzato né una legge che li faccia entrare dappertutto”, commenta Marina Casciani.

Tratto da: https://www.superabile.it/cs/superabile/protesi-e-ausili/20191015-cani-assistenti-1.html