NEWS PSICOLOGIA. Diagnosi autismo, Italia indietro ma pediatra strategico

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NEWS PSICOLOGIA. Diagnosi autismo, Italia indietro ma pediatra strategico IdO: Sia processo dimensionale e multiprofessionale, terapia parta dal corpo (DIRE – Notiziario settimanale Psicologia) Roma, 19 giu. – Quando si parla di autismo il pensiero va all’individuazione precoce. Per questo motivo la Societa’ italiana di pediatria (Sip) ha inserito nel suo congresso nazionale una sessione dedicata alla ‘Diagnosi precoce di autismo: il ruolo del pediatra’, per far conoscere i possibili campanelli di allarme che aiutano i pediatri ad individuare precocemente i bambini con sospetto di disturbi dello spettro autistico.

Da una fotografia epidemiologica risulta che questi disturbi riguardano negli Stati Uniti 1 bambino ogni 68 e in Inghilterra 1 bambino su 86. In Italia i risultati, per il momento, sono stati forniti solo da due regioni: nel Piemonte la prevalenza e’ di 1 bambino su 265, in Emilia Romagna e’ di 1 su 256. Sempre in Piemonte, nei minori tra 0 e 2 anni la sindrome autistica riguarda 1 bambino su 1.351, dato che sottolinea la necessita’ di lavorare maggiormente nell’individuazione precoce. Nel Lazio e’ stata condotta, invece, una ricerca nelle scuole e su 740 mila alunni sono stati individuati 1.996 casi di autismo, ovvero 1 ogni 370. “Stiamo assistendo a un cambiamento epidemiologico”, afferma il medico pediatra Giovanni Cerimoniale. “Uno studio pubblicato su ‘Lancet’ nel 2013 evidenzia che le cause della disabilita’ dipendono soprattutto dalle patologie croniche, e i disturbi dello spettro autistico ne occupano il 36%. La Sanita’ e la Pediatria di famiglia- sottolinea il medico- si devono abituare a questo cambiamento. I primi 1.000 giorni di vita sono importantissimi e il pediatra di famiglia puo’ avere un ruolo di prevenzione secondaria. Puo’ intervenire nella presa in carico e nell’identificazione dei rischi, offrendo anche un servizio di counseling alla famiglia. La prevenzione primaria- aggiunge Cerimoniale- dovra’ essere fatta durante la gravidanza”. I bilanci di salute rappresentano un’importante strumento di individuazione precoce dei disturbi dello spettro autistico, poiche’ valutano anche l’aspetto comunicativo e il monitoraggio dello sviluppo del linguaggio. “Vengono esaminate tre traiettorie di sviluppo- spiega Cerimoniale- l’area motoria, la regolazione e l’interazione, e la comunicazione sociale. Nei bilanci di salute nel Lazio si osserva pure la motricita spontanea”. Il pediatra ricorda che tra i campanelli di allarme c’e’ “il ritmo di crescita della circonferenza cranica, l’aggancio visivo quando la mamma sta allattando il bambino, e se il piccolo risponde quando viene chiamato”. In Italia esistono anche delle schede di valutazione chiamate Chat e M-Chat. “Sono dei questionari somministrati ai genitori ed esaminati dal pediatra. Nel caso di spospetto del disturbo, il pediatra indirizzera’ la famiglia al centro multidisciplinare e, attraverso il coordinamento dell’intervento, effettuera’ la redazione della scheda clinica e attivera’ il monitoraggio. Il pediatra di famiglia- conclude Cerimoniale- ha quindi un ruolo strategico”. Il processo diagnostico nell’autismo deve pero’ tenere conto dell’evolutivita’ dell’infanzia. Elena Vanadia, neuropsichiatra infantile dell’Istituto di Ortofonologia (IdO), ricorda, infatti, che “la diagnosi e’ essa stessa strumento di lavoro. Come ci dicono i manuali diagnostici attuali e le ricerche scientifiche e neuroscientifiche, quando osserviamo un bambino e lo valutiamo per un sospetto disturbo autistico dobbiamo tener conto di tutte le variabili che possono aver inciso in passato e che possono incidere al momento attuale sul suo sviluppo. Significa tener conto delle diverse dimensioni”, sottolinea la neuropsichiatra. “Dimensioni intese come diverse aree e come diversi livelli di compromissione e di gravita’”. La diagnosi nell’autismo deve essere multiprofessionale. “Professionisti diversi devono integrarsi tra di loro esattamente come si integrano i diversi livelli e le differenti aree di sviluppo per un buon funzionamento di un bambino e di un soggetto adulto. Allo stesso modo- chiarisce Vanadia- i professionisti devono integrarsi e integrare le loro prospettive. I test da soli non bastano, perche’ test e schede sono strumenti a supporto della clinica. Dobbiamo essere tutti partecipi di un unico elemento”. L’IdO ha strutturato il protocollo Tulip. “Volevamo capire se ci fossero degli indicatori precoci che ci aiutassero a indirizzare il genitore verso un tipo di terapia piuttosto che un altro. In questo senso- spiega Vanadia- abbiamo trovato dei predittori che sembrano al momento statisticamente molto significativi. Tra i bambini usciti dalla diagnosi Ados, c’erano anche quadri molto complessi, che pero’ nei 2-4 anni di terapia sono riusciti a non ottenere piu’ un punteggio Ados. In questo senso- conclude la neuropsichiatra infantile- i predittori ci dicono che la sinergia tra la poresenza di indicatori predittivi specifici e un modello evolutivo relazionale a mediazione corporea (il progetto Tartaruga) possono portare a un optimal outcome”. A spiegare meglio i risultati del progetto Tartaruga e’ Magda Di Renzo, responsabile del servizio Terapie dell’IdO e psicoterapeuta dell’eta’ evolutiva. “I deficit del bambino con un disturbo dello spettro autistico sono quindi assolutamente arcaici. È ormai dimostrato che si possono vedere i primi segni gia’ nei movimenti naturali del corpo. Questo significa vedere gli elementi di rischio- sottolinea Di Renzo- e se il deficit parte dalla dimensione corporea, come Antonio Damasio e la scuola di Parma ci hanno insegnato, allora tutto il resto e’ conseguenza di questo deficit iniziale. Non si creeranno le sintonizzazioni con l’esterno e il bambino non sara’ in grado di imitare. Noi non possiamo superare tutto questo deficit puntando su un lavoro cognitivo- afferma la psicoterapeuta- dobbiamo ripartire dal corpo per consentire al bambino di ripercorrere tutte le tappe mancate”. Da tutti questi concetti “abbiamo costruito il nostro approccio terapeutico individualizzato: il modello Tartaruga. Ma anche la diagnosi nel nostro progetto necessita di una conoscenza specifica- ribadisce Di Renzo- non solo dell’etichetta ma del tipo di sensorialita’ che il bambino ha, come la manifesta e a quale livello e’ il suo processo di empatia. In base al suo livello viene tarato l’intervento terapeutico, che partira’ da li’ accompagnando i genitori nel risintonizzarsi per ricreare l’intersoggettivita’ primaria e secondaria e- conclude- per portare il bambino alla rappresentazione mentale e allo sviluppo cognitivo”. (Wel/ Dire)