Renzi: “D’Alema avrebbe dovuto sfidarmi nel Pd. La scissione l’ha diretta lui”

pL’ex presidente del Consiglio, ospite di Fazio, ha parlato anche delle prossime elezioni: «Il ritorno al voto anticipato se lo decide Gentiloni, altrimenti si va al 2018»

La scissione del Pd è un disegno «di Palazzo scritto, ideato e prodotto da Massimo D’Alema. Mi sono dimesso e non è servito. Avrebbe dovuto sfidarmi nel Pd». Al ritorno dalla California e alla sua prima apparizione in tv da candidato alle primarie Dem è soprattutto all’ex segretario dei Ds che Matteo Renzi indirizza i suoi strali. Scegliendo di non nominare né Pier Luigi Bersani né Enrico Rossi ma derubricando gli attacchi di Roberto Speranza a discorsi che «non interessano i cittadini». E Renzi, dopo il suo viaggio dalla California, prende le distanze anche dalla durata del governo. «Le elezioni sono previste nel 2018. Se Gentiloni vorrà votare prima lo deciderà lui», sottolinea l’ex premier, in risposta alla domanda se oggi scriverebbe «paolostaisereno». E l’ex leader Pd osserva anche come sia «giusto» che il ministro Padoan «abbia tutte le rassicurazioni» sul fatto che l’Italia eviterà una procedura d’infrazione.

È sulla scissione, tuttavia, che l’ex premier si sofferma a lungo nel corso della sua intervista a Che tempo che fa. Puntando il dito contro D’Alema e invitandolo, provocatoriamente, «a non scappare ma a correre alle primarie. Vediamo chi ha più voti» è la sfida. Anche perché, secondo Renzi, i problemi posti dagli scissionisti non riguardano l’ Italia ma «i cavilli» e la sua stessa persona: «Nel mondo il problema della sinistra sono Trump e Le Pen, possibile che il problema della sinistra in Italia sia io?», chiede retoricamente l’ex premier dicendosi comunque «dispiaciuto» della scissione. «Abbiamo fatto di tutto per evitarla», afferma, ma «la sinistra deve accettare che se uno vince la competizione interna, anche se non ha la stessa storia dei capi di prima, ha diritto a fare il proprio lavoro».

Su temi delicati, come l’inchiesta Consip e la tenuta del governo, Renzi appare più prudente. Sulle indagini che coinvolgono anche il padre Tiziano e Luca Lotti, l’ex premier sottolinea: «Conosco mio padre e i suoi valori ma, essendo un personaggio pubblico, non posso che dire che sto con i magistrati. Però i tempi del processo devono essere brevi». Sulla possibilità che si torni alle urne già a settembre, invece, Renzi getta la palla nel campo ristretto dell’attuale inquilino di Palazzo Chigi. «Io sono fuori, riparto da zero con la forza delle idee», puntualizza, dando la «parola ai deputati» anche sulla legge elettorale. Ponendo tuttavia l’auspicio di un traguardo minimo, quello del Mattarellum.

Dalla California, inoltre, Renzi torna con la proposta del lavoro di cittadinanza. «Il reddito di cittadinanza vuol dire `tranquillo, ci pensa papi, che è lo Stato. Cosi´ l’Italia muore», sottolinea Renzi bocciando una delle bandiere del M5S e incassando la piccata replica di Luigi Di Maio: «La sua è bieca propaganda, ha in mente un carrozzone democristiano e poltrone di cittadinanza». Mentre da La Spezia, Andrea Orlando si dice «compiaciuto» del fatto che Renzi si ponga il problema e annuncia, a giorni, una sua proposta.

Un altro punto del suo programma sarà il taglio dell’Irpef, sul quale Renzi sceglie di non mettere alcuna pressione al governo («è una proposta per i prossimi cinque anni»). Anche se, in vista della manovra in aprile, lancia un invito: «Non è che se c’è un problema si va sempre dai cittadini a dire alziamo la benzina o le sigarette».

Tratto da: http://www.lastampa.it/2017/02/26/italia/politica/renzi-dalema-avrebbe-dovuto-sfidarmi-nel-pd-pvy9mwFg4xXAVhmWvxOEkJ/pagina.html