Se il «Dopo di noi» parte in ritardo, a rischio l’indipendenza dei disabili

ppA due anni dall’approvazione della legge per favorire l’autonomia dei più fragili il bilancio è ancora insufficiente: non tutti i comuni hanno avviato i bandi

«Per me e mia moglie la vita eterna è cominciata prima», è la risposta che Emilio Rota si è dato dopo aver visto morire il figlio autistico 39enne e, a distanza di poco tempo, la figlia per un tumore scoperto in gravidanza. Fa tenerezza quest’uomo dai capelli bianchi e lo sguardo buono, un ex dirigente di industria che girava il mondo, stava poco a casa e solo quando è andato in pensione ha capito quanto fosse duro assistere un disabile. Rota oggi è presidente della Fondazione Dopo di Noi nata nel 1984 come costola di Anffas Onlus (associazione nazionale famiglie persone con disabilità) per sostenere la legge che da due anni (in vigore dal 25 giugno 2016) ha ridisegnato il concetto di sostegno a chi, a causa dei suoi handicap, non può fare quasi nulla da solo.
Un progetto di vita
Parole chiave emancipazione, indipendenza, inclusione, partecipazione. «Il Dopo di Noi non va inteso solo come un posto letto in una struttura. Prima viene un progetto di vita, attualmente invece il 95% dell’alternativa alla casa dei parenti sono le strutture residenziali», dice Rota. Proprio ciò che la legge vorrebbe superare. Al centro c’è lui, il cittadino disabile. I servizi vengono creati in base alle sue necessità. È un mondo di bisogni, determinazione e impegno quello che si muove attorno ad Anffas, 60 anni compiuti a giugno, presidente Roberto Speziale. È stata l’occasione anche per tracciare il primo bilancio sullo stato di attuazione della legge. Gianfranco de Robertis, rappresentante legale di Anffas, segue l’evoluzione nelle varie Regioni con un monitoraggio bimestrale. Nell’Italia federalista, il quadro è come sempre variegato. È indietro la Puglia, non ancora passata ad atti concreti, nessun avviso o bando per gli interventi. Lo stesso in Piemonte, inizialmente partito bene con la ripartizione delle risorse tra enti gestori specifici (consorzi). Calabria e Campania hanno fatto partire avvisi pubblici senza però definire quali requisiti debbano avere i progetti per rientrare fra i candidati. Prime assegnazioni in Molise ma pare che l’auspicato cambiamento sia rimasto sulla carta. Stanno lavorando bene Lazio e Sicilia. Più avanti di tutte è la Lombardia che ha già selezionato i vincitori da finanziare. In fase di decollo le Marche. Veneto e Toscana si stanno muovendo con diverse modalità. La Liguria ha appena pubblicato un bando per organizzare modelli di coabitazione. Il problema è che ciascuna amministrazione non sempre ha interpretato la legge cogliendone le potenzialità innovative. In alcuni casi purtroppo è stata ripercorsa la vecchia strada: disabili inseriti in servizi già esistenti anziché ridisegnati per loro. È però soddisfatta di questi primi due anni di rodaggio Ileana Argentin, ex deputata Pd, una delle maggiori promotrici della legge 112: «Ci sono bandi ovunque, sono stati richiesti i primi 100 milioni. Ricordo che il Dopo di Noi non è stato votato dai 5 Stelle che sostenevano fosse sufficiente la legge 328 sulla disabilità la quale però include anziani e minori. Qui si tratta di un supporto alla famiglia». Ma le famiglie sono pronte al grande passo, al distacco dai figli? «Non sempre, stiamo facendo formazione per prepararle. Abbiamo riscontrato una certa resistenza. Di fronte alla prospettiva che il ragazzo vada ad abitare fuori subentra la paura e il desiderio di non lasciarlo. Ai genitori bisogna far capire che nessuno vuole sostituirsi a loro», dice Rota. Ha un timore Marco Bollani, direttore della Cooperativa sociale Come Noi Onlus, sede legale a Mortara, provincia di Pavia: «Uno dei limiti del Dopo di Noi è che prevede tempi a volte non compatibili con quelli della famiglia angosciata di dover interrompere l’equilibrio simbiotico con i figli mossa dall’istinto di iper proteggerli. Temo che gran parte dei fondi saranno spesi per finanziare servizi già esistenti e non per crearne di nuovi». Una signora veneta in ogni convegno Anffas sale sul palco per raccontare la paura di separarsi dalla figlia e il sollievo che prova quando sa che è al sicuro in un centro diurno. «E se non c’è più lei?», si chiede?

Tratto da: https://www.corriere.it/buone-notizie/18_luglio_19/se-dopo-noi-parte-ritardo-rischio-l-indipendenza-disabili-20da0030-8b37-11e8-9286-fc73853597eb.shtml