novembre
Disabili in Italia, il «Dopo di noi» procede a piccoli passi
Posted by Ileana Argentin at 10:25 AM. Placed in Rassegna stampa category
La legge sull’autonomia è entrata in vigore due anni fa. Lombardia, Marche, Molise e Toscana sono partiti con i piani individuali, ma alcune Regioni sono in ritardo. Il punto dell’Anffas
L’idea è rivoluzionaria. Dare ai disabili gravi – per neurodiversità o difficoltà fisiche – quello che in Italia non hanno mai avuto: il controllo della propria vita. Ovvero, la possibilità di decidere del proprio futuro, scegliere dove e con chi vivere e cominciare un percorso che li porti alla massima autonomia possibile, in vista del momento in cui i loro genitori non ci saranno più. Un risultato da raggiungere con un progetto individuale elaborato per ciascuno di loro, calato nel contesto in cui vivono e pronto a evolversi nel tempo. Con questo obiettivo è nata, nel 2016, la legge 112 o «Legge del Dopo di noi».
Un’utopia? No, perché, a due anni dalla sua entrata in vigore, i casi di successo ci sono. Restano però importanti nodi da sciogliere, perché non restino mosche bianche. E bisogna fare in fretta. Come dice Roberto Speziale, presidente di Anffas, l’associazione nazionale di famiglie di persone con disabilità: «Per la prima volta in Italia si affaccia una condizione mai vissuta prima, ovvero l’invecchiamento delle persone con gravi difficoltà, la sopravvivenza ai loro genitori. Dove saranno nei prossimi 10 anni, i cinquantenni di oggi? Parliamo di un fenomeno con numeri significativi: la nostra stima parla di circa 400 mila persone già sulla soglia del dopo di noi».
Riassumendo, la legge c’è ed è coraggiosa. I fondi anche: lo Stato ha stanziato 90 milioni stanziati nel 2016, 38,3 nel 2017 e 51,1 nel 2018 (cinque sono stati decurtati, non senza polemiche). Il punto in cui la legge si incaglia è nel passaggio Stato-Regioni: queste ultime sono in ritardo nell’attuarla e questo crea disparità fra un territorio e l’altro. In attesa della pubblicazione da parte del ministero del Lavoro della seconda relazione al Parlamento sullo stato di attuazione della legge – report che doveva arrivare al 30 giugno – Anffas ha provato a fare il punto. E ciò che emerge è «una fatica superiore alle previsioni». Non solo delle istituzioni, ma anche del Terzo settore per attuare il cambiamento.
Soltanto in Lombardia, Marche, Molise e Toscana si è partiti con la stesura dei progetti individuali, che sono il «cuore» della norma. In Lazio, Campania, Basilicata, Calabria si è almeno cominciato a raccogliere le richieste. Nelle altre il processo è molto più indietro e in Abruzzo, Puglia e Piemonte c’è solo una programmazione di carattere generale «ma nulla in concreto sui territori è partito», scrive Anffas. «Perché la legge non sta partendo ovunque a pieno regime? Perché c’è il tentativo di convogliare le sue risorse in canali tradizionali», sottolinea l’avvocato Gianfranco de Robertis, consulente di Anffas. Finora, infatti, la risposta all’emergenza del «Dopo di noi» era indirizzare il disabile rimasto orfano al primo posto letto libero. La legge è agli antipodi: l’idea è di permettergli – con il dovuto supporto – di restare nella sua realtà anche quando i genitori non ci saranno più. Magari di continuare a vivere in casa sua e non solo: con altri amici che condividono le stesse difficoltà, sotto la supervisione di educatori, in forme sperimentali di co-housing. Un «dopo di noi» che comincia con i genitori ancora in vita e coinvolge tutta la famiglia in percorsi di educazione all’autonomia stesi da un team composto da più figure competenti.
Il punto di partenza? Sempre i desideri del disabile. A questa idea le associazioni dei familiari hanno cominciato a lavorare decenni fa e questo ha permesso la nascita di realtà come «A casa mia» a Mortara, dove convivono da soli tre disabili adulti. E altre a Trieste, Ragusa, Catania Bergamo, Voghera, Milano, Pescara. L’obiettivo è lo stesso della legge: evitare che il disabile finisca in istituti. O farlo uscire, se ce ne sono le condizioni. A Milano sono stati approvati 284 progetti in base alla legge 112 e ben 292 delle proposte presentate chiedevano l’accompagnamento all’autonomia. «Il progetto individuale di vita per la persona con disabilità conviene anche allo Stato – osserva Claudio Castegnaro, ricercatore dell’Istituto per la Ricerca Sociale – Tramite il budget di progetto, l’impegno di risorse può essere più flessibile, efficace ed equo». Tuttavia, c’è un nodo da sciogliere: «A livello nazionale, occorre impostare una metodologia e raccogliere opportunamente dei dati per valutare gli effetti della legge 112, ovvero quanto questa misura riuscirà a incidere sulla vita delle persone e delle famiglie».
Tra le prime cose che e restano da fare c’è anche riportare il fondo da 51 a 56 milioni di euro, sottolinea Elena Carnevali (Pd), relatrice della legge 112 alla Camera: «Ho provato molta amarezza nel vedere respinto l’emendamento alla legge di bilancio, che chiedeva il recupero dei 5 milioni e che recepiva un ordine del giorno votato all’unanimità dal Parlamento». Ma è importante non fermarsi: «Sapevamo che sarebbe stato un processo faticoso mettere a sintesi le risorse di famiglie, istituzioni e territorio ma la strada per una vera inclusione non può che essere questa. Si continua a pensare che i disabili abbiano sempre e solo bisogno di assistenza, ma dobbiamo creare condizioni perché siano persone attive, possano partecipare alla vita produttiva occupazionale quando si può o alla vita sociale del nostro Paese: hanno diritto a una cittadinanza piena».
Tratto da:
https://www.corriere.it/buone-notizie/18_novembre_28/disabili-italia-dopo-noi-procede-piccoli-passi-3a1447f6-f1a1-11e8-8ec9-d371ed363eb6.shtml