Il Pd prova ad allentare il Jobs Act per convincere Pisapia e la sinistra

pSarà pur vero che i Dem anche senza Mdp daranno vita ad una «coalizione larga», come sostiene Piero Fassino, ma se la scommessa è portare dalla loro parte Giuliano Pisapia per dare un puntello alla cosiddetta «gamba di sinistra», la strada pare tutta in salita. Primarie di coalizione, via il superticket, ius soli e biotestamento in gazzetta ufficiale entro l’anno, sono alcune delle condizioni fissate alla vigilia dell’incontro che si consumerà oggi a Milano tra Piero Fassino e l’ex sindaco. L’avviso ai naviganti, «senza discontinuità non ci può essere alcuna coalizione» – parola del portavoce di Campo progressista – suona più o meno come un “venderemo cara la pelle”: un braccio di ferro per stabilire che se alleanza ha da essere – e tutti scommettono che ci sarà – non potrà essere lasciato al Pd un ruolo egemonico. Anzi.

Renzi però ha deciso che Pisapia deve essere conquistato, il valore simbolico del suo schierarsi in coalizione con i Dem è cruciale anche per insidiare le mire elettorali di Mdp. Da qui i segnali di buona volontà che il partito sta spargendo: il Pd si spinge infatti a immaginare degli aggiustamenti di rotta significativi sul jobs act, la legge della discordia. La riprova è il documento per porre una stretta sui licenziamenti economici che i Dem stanno predisponendo. E che – a sentire Radio Nazareno – «è in procinto di essere trasmesso». E anche se si tratterà di «proponimento per la prossima legislatura», è la sostanza che conta, la disponibilità a smuovere il totem.

E che i tempi siano maturi per questo cambio di rotta lo dimostra un progetto di legge messo a punto dall’uomo chiave della sinistra Dem sul tema, Cesare Damiano: che depositerà questo testo la prossima settimana corredato dalla firma in calce dei deputati della corrente che fa capo ad Andrea Orlando. Il quale ieri era con Prodi, che ha dato la linea: «Il lavoro precario deve costare di più, altrimenti togliamo ai giovani la prospettiva». E cosa dice questo testo di Damiano? Agisce su due punti: «Il primo è rendere più costose le indennità di licenziamento, dall’attuale forbice di 4-24 mensilità si passerebbe a 6-36 mensilità. Per evitare il paradosso della legge che rende conveniente licenziare più che usare gli ammortizzatori». Insomma se oggi costa di più chiedere la cassa integrazione che licenziare, va invertito il principio di convenienza. Il secondo punto agisce sul lato disciplinare, per ristabilire il principio di proporzionalità tra infrazione commessa e sanzione. Ora, se il Pd renziano non assumerà in toto il testo Damiano, è assai probabile che il presidente della commissione Lavoro avrà voce in capitolo e che magari Fassino farà cenno di questa volontà sul jobs act oggi con Pisapia.

Anche se le cinque condizioni irritano i renziani. Fa niente che lo stop ad Alfano, quel fissare «il perimetro» della coalizione, in realtà è una richiesta di scelta di campo: quelli di Ap dovrebbero mettere a verbale di aver scelto il centrosinistra. È l’inizio della politica dei veti che non va giù ai renziani che non vogliono piegarsi ai diktat. Così come gli uomini di Pisapia non vogliono piegarsi alla logica di un Pd nel ruolo di Biancaneve e dei «cespugli» in quello dei «sette nani», per dirla con uno dei protagonisti di Campo progressista, Franco Monaco, ulivista vicino a Romano Prodi.

Lorenzo Guerini, mediatore con i centristi, mette le cose in chiaro. « Non si fanno lo Ius soli o il biotestamento per fare alleanze, ma perchè sono utili al Paese. Detto questo, lavoriamo pure per aggregare componenti centriste ed è nostro interesse farlo senza veti e con la volontà di guardare ad una larga proposta per il futuro».

Tratto da: http://www.lastampa.it/2017/11/18/italia/politica/il-pd-prova-ad-allentare-il-jobs-act-per-convincere-pisapia-e-la-sinistra-vrzwDhIWUmKKQwIiSDarwJ/pagina.html