Abbracci con Renzi, ma patto con Zingaretti. Il ritorno di Gentiloni

pAlla manifestazione del Pd accadono «miracoli». Gentiloni abbraccia Renzi, Renzi abbraccia Gentiloni. Per due volte. Sempre a favore di telecamere. Ma quando giornalisti e operatori non ci sono, nel retro del palco, Gentiloni non parla con Renzi e Renzi non parla con Gentiloni. Anzi, l’ex premier, «Paolo» come lo chiamano tra gli applausi i militanti di piazza del Popolo, si apparta lontano da orecchie e occhi indiscreti per parlare con Zingaretti. Gentiloni punta su di lui. Ma ripete agli amici quello che ha detto a Calenda qualche giorno fa a pranzo in un costoso quanto tradizionale ristorante dei Parioli: «Stiamo con Zingaretti, stiamoci tutti, perché così dovrà adottare la nostra piattaforma politica e seguire la nostra linea, senza spostarsi a sinistra o sui 5 Stelle. Questa è la condizione». Parole che con minor chiarezza ma altrettanta efficacia l’ex premier ripete al governatore del Lazio, al riparo di un gazebo dietro il palco.

Ma Gentiloni vuole pure far sapere ai media quanto il Martina di oggi gli piaccia: non vuole dare l’impressione di un partito diviso che già si appresta a fare le scarpe al segretario pro tempore. Anche perché Martina ieri comunque ha ottenuto il massimo che avrebbe potuto ottenere: i pullman erano gli stessi dell’ultimo comizio del Pd a piazza del Popolo, quello di prima delle elezioni, ma le persone erano molte di più perché tante sono venute spontaneamente. Per questa ragione sta pensando di candidarsi pure lui al Congresso. E perciò Gentiloni, che non mira certo a minare l’unità del Pd, dice: «È stata una giornata di sole dopo la triste serata del balconcino» (ogni riferimento a Di Maio è puramente voluto).

Ma il Gentiloni che chiede il congresso subito puntando su Zingaretti non è in contraddizione con l’ex premier che plaude all’attuale segretario. In realtà Gentiloni da una parte risponde all’esigenza di novità che viene dal partito, dall’altra alla richiesta di unità che ieri la piazza ha rivolto in modo perentorio al gruppo dirigente. Per trarre il Pd d’impaccio avrebbe potuto essere lui il segretario? Qui le versioni divergono, come di norma nel Pd. I sostenitori di Gentiloni raccontano che lui abbia dato, malgrado le sue tante resistenze e perplessità, la disponibilità a fare il leader del Pd ma che Renzi abbia stoppato ogni operazione.

I fedelissimi dell’ex segretario raccontano tutt’altra storia: è stato mandato più di un ambasciatore a chiedere a Gentiloni di candidarsi e lui ha opposto un rifiuto più che ultimativo. Quale che sia la verità, ora il Pd si ritrova così: con l’ex premier che sostiene Zingaretti (di cui condivide la linea solo fino a un certo punto) e l’attuale segretario che dopo la manifestazione di oggi pensa a candidarsi alle primarie (che non saranno il 27 gennaio, giorno della memoria, ma probabilmente due settimane più in là). Se Martina si candidasse toglierebbe voti a Zingaretti (forse anche quelli di Orlando). Ma in tutto ciò i renziani non sanno che pesci prendere. Nonostante le dichiarazioni ufficiali avrebbero preferito lo slittamento del Congresso. Orfini lo ha chiesto pubblicamente e loro son stati costretti a dire che invece lo volevano perché non potevano perdere la faccia. Un candidato, però, non ce l’hanno. Insistono su Delrio. E siccome il capogruppo non ha ancora sciolto il nodo e continua a fare resistenza, hanno già in mente un altro nome: quello di Minniti. Magari si perde qualche voto a sinistra, ma di sicuro Salvini si troverebbe in difficoltà a scontrarsi con l’ex ministro dell’Interno di cui ha tessuto le lodi subito dopo averne preso il posto al Viminale.

Tratto da : https://www.corriere.it/politica/18_settembre_30/abbracci-renzi-ma-patto-zingaretti-ritorno-gentiloni-1498c1a0-c4f1-11e8-a181-ae01ca7df8b0.shtml