Aneddoti, sorrisi e lacrime: in Campidoglio l’addio a Lando Fiorini

Lando_Fiorini

Domenica il saluto della città a Palazzo Senatorio. Presente la sindaca Virginia Raggi con il marito e il figlio. Il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: «Esempio della Roma popolare, vera e gentile. Oggi se ne è andato un bel pezzo di storia»

Corone di fiori, piccoli cuori di stoffa e un biglietto: «Nun lo di’ a nessuno, tiettelo pe’ te» (da Lella, un brano del suo repertorio). Roma, che per il menestrello di Rugantino è stata «madre, moglie, amante», saluta Lando Fiorini nella camera ardente allestita in Campidoglio (oggi alle 11 i funerali nella chiesa di Santa Maria in Trastevere). Sul maxischermo scorrono le istantanee di una vita, tra pubblico e privato, con le sue canzoni più celebri in sottofondo. Ad accogliere il feretro la sindaca Virginia Raggi con indosso la fascia tricolore, in compagnia del marito Andrea Severini e del figlio Matteo. In serata è arrivato anche il governatore del Lazio, Nicola Zingaretti, che ha definito Fiorini «un’anima gentile e popolare, la corda vera della romanità». In occasione dei 50 anni del Puff, il 15 febbraio, i familiari stanno pensando di organizzare un evento commemorativo che coinvolga anche altri simboli della romanità.

Racconta la figlia Carola, con la voce che si spezza ripensando agli ultimi giorni accanto al padre: «Non ci aspettavamo tutta questa risonanza, che ne parlassero i tiggì nazionali: per noi era papà, non l’uomo di spettacolo». Cosa le ha insegnato? «L’onestà e la correttezza. Per lui una stretta di mano valeva tutto, anche a costo di rimanerci male». La nipote Gloria, studentessa di chimica alla Sapienza, gli è grata «per averci regalato il nostro piccolo paradiso a Canterano, la casa che frequentiamo fin da bambini». Che nonno è stato? «Poco presente perché per lui il lavoro veniva al primo posto, ma quando c’era con un sorriso o una carezza diceva tutto». E a proposito del tifo giallorosso il primogenito Francesco ricorda una scommessa pre-derby con l’attore Enrico Montesano: «Chi perdeva avrebbe dovuto girare in mutande attorno alla statua di Garibaldi al Gianicolo. Vinsero i biancocelesti e Montesano gli propose di gridare “Forza Lazio” per risparmiarsi la penitenza. Lui rispose: “Sei matto” e pagò pegno nonostante il freddo».

Il nipote Duilio, che negli ultimi mesi è andato spesso a trovarlo, rivela invece un piccolo rimpianto artistico: «Quando ha chiesto ai più grandi cantautori romani di collaborare al suo ultimo cd si è sentito anche con Renato Zero. Lando ha proposto una delle sue canzoni, ma Renato preferiva che fosse lui a interpretare uno dei suoi successi… Si sono salutati con la promessa di riparlarne, ma non se ne è più fatto niente. A distanza di anni, Lando se ne rammaricava ancora. Sarebbe bello se adesso si potesse riparare a quel piccolo malinteso». Dello zio, ultimo di nove figli, ricorda la passione per il canto ereditata da un fratello, ribattezzato «il Moretto», che morì a 13 anni di meningite: «Da ragazzo Lando lavorava ai Mercati Generali. Mentre scaricava le cassette di frutta e verdura cantava Roma nun fa’ la stupida stasera e gli altri lo incitavano. Per partecipare al festival della canzone romana al Teatro Brancaccio disertò il militare, per fortuna lo sostituì un collega».

Tratto da: http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/17_dicembre_10/aneddoti-sorrisi-lacrime-campidoglio-addio-lando-fiorini-355b20f8-dde4-11e7-8c94-7eddeb8854ff.shtml