gennaio
Disabile con handicap: quante assenze può fare dal lavoro?
Posted by Ileana Argentin at 11:06 AM. Placed in Rassegna stampa category
Portatori di handicap: non c’è per il disabile l’obbligo di rispettare il numero massimo di assenze previste dal comporto.
Quante assenze dal lavoro può fare un lavoratore dipendente che si mette malato? E quante invece ne può fare un disabile o un invalido che ha una condizione fisica diversa e certamente più grave? Nel primo caso esiste il cosiddetto «periodo di comporto»: il contratto collettivo stabilisce cioè, per ogni tipo di lavoratore, una durata massima di assenze per malattia che gli sono consentite ed entro la quali non può essere licenziato; superato però questo tetto, il datore può far scattare il licenziamento. Come ci si deve comportare nei confronti invece del disabile? Un disabile con handicap può fare quante assenze vuole dal lavoro posto che è più soggetto a ricoveri, trattamenti, infortuni e malattie varie? La risposta – particolarmente interessante – è stata data da una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea [1]. Vediamo cosa hanno detto i giudici comunitari, con sede a Lussemburgo, in materia di assenze per malattia per i disabili.
Il principio di uguaglianza voluto dalla nostra Costituzione impone di trattare in modo uguale situazioni uguali e in modo diverso situazioni diverse. E poiché una delle forme più tipiche di “diversità” è la disabilità (tant’è che si parla proprio di soggetti «diversamente abili»), non si può mettere sullo stesso piano un malattia comune di un lavoratore a una forma di disabilità conclamata da un certificato medico. Il ragionamento può apparire scontato, ma la conseguenza non lo è affatto: in tema di assenze per malattia, è vietato applicare le medesime regole a queste due differenti categorie di lavoratori. Risultato: le continue e intermittenti assenze, dovute a motivi di salute legati a una situazione di disabilità, non possono dar luogo a licenziamento.
Ci spieghiamo meglio: se un disabile con problemi motori agli arti inferiori si mette in malattia a causa di un problema a una spalla, che nulla ha a che vedere quindi con la sua originaria patologia, va trattato alla stregua di qualsiasi altro dipendente; viceversa, se la causa dell’assenza dal lavoro deriva proprio dalla disabilità, per lui non si può applicare l’ordinario termine di comporto previsto per gli altri colleghi “in salute” e, pertanto, anche se resta a casa per molto tempo non può essere licenziato.
Anche nelle assenze per malattia, un disabile non può essere trattato come un collega in salute
La parità di trattamento sulle condizioni di lavoro – dice la Corte di Giustizia Ue, citando la direttiva comunitaria del 2000 [2] con cui vengono stabilite anche le condizioni di tutela dei disabili – va rispettata sia dai datori di lavoro pubblici che da quelli privati. In particolare, proprio l’articolo 2 della suddetta direttiva vieta le discriminazioni indirette fondate sulla disabilità. La normativa europea tende a tutelare la parte debole, come appunto il disabile, in ogni momento del rapporto lavorativo, non solo quello dell’assunzione, dell’ambiente e delle mansioni, ma anche nel momento delle assenze per malattia.
Per evitare che i singoli Stati Membri possano fare discriminazioni, il concetto di disabilità viene definito dalla stessa Comunità europea che stabilisce la nozione di handicap dev’essere intesa come riguardante una limitazione di capacità, risultante in particolare da durature menomazioni fisiche, mentali o psichiche, che, in interazione con barriere di diversa natura, può ostacolare la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata alla vita professionale su un piano di uguaglianza con gli altri lavoratori.
Al disabile sono consentite più assenze per malattia senza rischio di licenziamento
Se una norma nazionale come quella in materia di licenziamento tratta allo stesso modo le persone disabili e quelle non affette da alcuna limitazione è commessa una «disparità di trattamento direttamente basata sulla disabilità». È quindi discriminatorio considerare una patologia legata a una disabilità come una normale malattia di qualsiasi altro lavoratore; difatti la direttiva impedisce un’assimilazione «pura e semplice della nozione di handicap a quella di malattia». È evidente, infatti, che un lavoratore disabile corre maggiori rischi di assenze dovute alla propria situazione di handicap e, quindi, le due situazioni devono essere considerate diversamente. Al lavoratore disabile quindi deve essere consentito di assentarsi più spesso senza perciò rischiare il licenziamento se la ragione di tale assenza è legata esclusivamente all’handicap.
Le conseguenze sulla normativa nazionale italiana potrebbero essere dirompenti perché il cosiddetto periodo di comporto potrebbe subire delle flessioni, con maggiore o minore elasticità, proprio in presenza di un soggetto disabile, al quale quindi non si può applicare lo stesso tetto massimo di assenze per malattia di quello del dipendente senza handicap.
Il comporto può subire flessioni nei confronti di chi ha handicap e si assenta a causa di ciò
Certo, scrive la Corte, è legittimo fronteggiare l’assenteismo sul lavoro e impedire congedi di malattia ricorrenti che costituiscono un elevato costo per le imprese, ma i mezzi utilizzati non devono arrivare a discriminare i lavoratori disabili.
Tratto da: https://www.laleggepertutti.it/193211_disabile-con-handicap-quante-assenze-puo-fare-dal-lavoro