Disabili e migranti coltivano ortaggi bio: così nascono le conserve dei detenuti

frutta-e-ortaggiCooperativa e carcere per un progetto di filiera sociale

Migranti e disabili psichici insieme per coltivare ortaggi biologici che verranno trasformati in conserve e salse dai detenuti-chef della casa circondariale cittadina di Cà del Ferro. Accade nell’azienda agricola della Cooperativa Nazareth a Persico Dosimo, alle porte di Cremona. È un progetto di filiera sociale a «km 0» che v errà presentato domenica 13 novembre alle 14.30 a CremonaFiere nell’ambito della 13ª edizione de il BonTà, salone delle eccellenze enogastronomiche artigianali e delle attrezzature professionali.

 

La rassegna, dall’11 al 14 novembre, promuove e valorizza i sapori e i saperi della buona tavola italiana e propone una selezione di oltre 2mila prodotti di qualità con la presenza di 150 espositori da 19 regioni italiane e da alcuni Paesi esteri.

«Il format “dalla terra alla tavola” – dicono gli organizzatori – fonde il percorso di accompagnamento all’autonomia di minori stranieri e persone con fragilità ribattezzato “Rigenera” con l’attività di formazione e riabilitazione sociale e lavorativa denominata “I Buoni di Cà del Ferro’” che si svolge all’interno del laboratorio di trasformazione agroalimentare ricavato di recente nella casa circondariale di Cremona».

Prodotti biologici certificati

I detenuti, in una sequenza di corsi di 120 ore, ottengono attestati su Haccp, antincendio, primo soccorso e sicurezza sul lavoro e, quindi, affrontano esercitazioni pratiche per apprendere come trattare gli ingredienti e come cucinarli sotto la guida di uno chef professionista. «L’obiettivo è non solo offrire un nuovo approccio al lavoro e alla socializzazione, ma anche creare concrete opportunità lavorative – spiega Giusy Brignoli, tra i responsabili della Cooperativa Nazareth –. I prodotti, sia freschi sia trasformati, sono biologici certificati; inoltre, le persone che lavorano, anche se toccate da uno svantaggio di tipo sociale o fisico, vengono valorizzate nel loro saper fare liberando creatività ed energie».

 

Precisa, a proposito, la direttrice di Cà del Ferro Maria Gabriella Lusi: «Come operatori penitenziari siamo convinti che il nostro lavoro possa essere efficace se riusciamo a guardare ’dentro’ la persona detenuta e, ad un tempo, a tutto ciò che la circonda. La società è nei nostri primari interessi perché attraverso processi rieducativi miriamo a restituire alla libertà persone non più portate a delinquere… magari perché hanno acquisito una competenza professionale in carcere da spendere dopo la pena, come nel nostro caso; magari perché, con la partecipazione del detenuto, il carcere ha saputo creare con il territorio il ponte di un efficace reinserimento».

Tratto da: http://www.lastampa.it/2016/11/08/italia/cronache/agricoltura/disabili-e-migranti-coltivano-ortaggi-bio-cos-nascono-le-conserve-dei-detenutichef-iNXmWK8YVGtlCX4PwjApbK/pagina.html