“Dopo di noi”: perché la legge non ha avuto il successo sperato

dopo-di-noiLe Legge 112/2016 ha da poco compiuto cinque anni. Il Comitato Officina Dopo di Noi ha fatto un monitoraggio della sua attuazione, in un volume di 400 pagine presentato oggi. Bassissime le percentuali di beneficiari rispetto alla platea potenziale: 7,5% in Lombardia e 5,4% in Lazio. Istituiti 2.058 trust, 18 contratti di affidamento fiduciario e 984 vincoli di destinazione

Il 25 giugno 2016 è entrata in vigore la legge n. 112, contenente “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, nota come legge sul “Dopo di Noi”. Erano 150mila i potenziali beneficiari individuati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali nella relazione tecnica che la accompagnava. Cinque anni dopo, qual è il bilancio dell’attuazione di questa legge, che era stata tanto attesa e che aveva sollevato tante speranze? Le Relazioni al Parlamento latitano: ne sono state pubblicate soltanto due, una nel dicembre 2017 che aveva fotografato solo i primissimi mesi dopo l’entrata in vigore della legge e l’altra a gennaio 2020 che al 31 dicembre 2018 riferiva di 6mila beneficiari, 380 nuove soluzioni alloggiative nate dalla legge e un bassissimo ricorso a trust, affidamenti fiduciari.

Ora un poderoso volume fa il punto. Si intitola Dopo di noi: l’attuazione della Legge 112/16 (Maggioli editore, 436 pp) ed è un monitoraggio degli anni 2019/2020. A promuoverlo e realizzarlo è stato il Comitato Officina Dopo Di Noi, in partenariato con l’Istituto per la Ricerca Sociale (IRS), la Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – FITS! e con BES Cooperativa Sociale, che si occupa di formazione e inserimento lavorativo di persone disabilità e in particolare di giovani con diagnosi di autismo ad alto funzionamento e Asperger. Il Comitato Officina Dopo di Noi, presieduto dall’avvocato Michele Falzone, è nato nel 2017 su iniziativa, tra gli altri, della senatrice Annamaria Parente, relatrice della legge al Senato e della Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – Fits!. Con la pubblicazione di questo monitoraggio il Comitato porta a termine il proprio compito di incubatore: l’azione di monitoraggio della legge e di mappatura delle buone pratiche in corso sul “dopo di noi” continuerà con la cooperativa sociale BES.

Quali esiti concreti ha avuto la legge in questi cinque anni? Ne parliamo con alcune persone che fanno parte della rete del Comitato Officina Dopo di Noi e che a vario titolo hanno contribuito a questo imponente lavoro di monitoraggio quantitaivo e qualitativo: l’avvocato Michele Falzone, fondatore e Presidente del Comitato Officina Dopo di Noi, il notaio Monica De Paoli, ispiratrice e fondatrice del Comitato Officina Dopo di Noi, la professoressa Angela Silvia Pavesi, fondatore del Comitato Officina Dopo di Noi, la dottoressa Cristiana Perego, titolare della borsa di dottorato di ricerca presso il Dipartimento di Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente costruito (DABC) del Politecnico di Milano, promossa e finanziata dal Comitato Officina Dopo di Noi per l’individuazione di modelli di inclusione sociale per la realizzazione del “Progetto di Vita” nel “durante e dopo di noi”.

Le Relazioni al Parlamento si fermano al 2018. Quali nuovi dati siete riusciti a ricostruire, nel monitoraggio degli anni 2019/2020, sulle varie misure previste dalla Legge?

Angela Silvia PAVESI: L’indagine condotta da Anffas nel primo semestre del 2020 sullo stato di attuazione della L. 112/16 (campione: 129 punti di raccolta in 16 Regioni) riporta un dato particolarmente significativo: il 48% delle strutture interrogate ha rilevato difficoltà ad attivare progettualità con gli enti pubblici preposti all’attuazione della norma, a causa della scarsa conoscenza della norma e della limitata collaborazione tra pubblico e privato che però è necessaria ad avviare percorsi sperimentali per favorire l’ottimale funzionamento della legge. Questo fatto spesso ha ricondotto anche i nuovi interventi a logiche e prassi che la norma intendeva superare. Nel 74,6% dei casi le strutture interrogate sono ancora oggi interessate a organizzare momenti formativi sulla L. 112/16 e rilevano la necessità di un maggiore livello di coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza ai lavori degli Ambiti Territoriali per l’individuazione dei bisogni e delle misure da attivare sui territori. Questo scenario contrasta con l’Articolo 4, comma 3 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità che recita: “Nell’elaborazione e nell’attuazione della legislazione e delle politiche da adottare per attuare la presente Convenzione, così come negli altri processi decisionali relativi a questioni concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti operano in stretta consultazione e coinvolgono attivamente le persone con disabilità, compresi i minori con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative”. Questa premessa è necessaria a evidenziare quanto sia complesso condurre un monitoraggio sulla attuazione della L. 112/16 che restituisca un quadro nazionale unitario sui livelli di applicazione della norma e sulle sperimentazioni avviate. La legge 112/16 riconosce la centralità della persona con disabilità anche attraverso il ruolo che le famiglie possono svolgere nella co-costruzione di percorsi di autonomia e di qualità della vita per il futuro dei propri figli, attraverso le proprie reti di sostegno. Sebbene questa legge abbia centrato gli scopi sollecitati dalla società civile e abbia stimolato misure di welfare, volte anche a evitare l’istituzionalizzazione, basate su processi partecipativi e di co-progettazione, di fatto nelle varie Regioni ha prodotto risultati disomogenei ed è essenzialmente questo fatto che ha spinto il Comitato Officina Dopo di Noi ad analizzare le diverse interpretazioni che la legge ha assunto nei vari territori. Grazie ai contributi di Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo e alla collaborazione con l’Istituto per la Ricerca Sociale, con il Politecnico di Milano, con la Fondazione per l’Innovazione del Terzo Settore – FITS! e con BES Cooperativa Sociale, il Comitato ha realizzato il monitoraggio dello stato di attuazione della legge nel periodo di osservazione 2019-2020 mediante una analisi quanti-qualitativa dei programmi attuativi regionali, anche in ottica comparativa, e ha avviato la ricognizione dei progetti a valere sul Fondo previsto dalla legge. La metodologia e gli esiti del monitoraggio contenuti nel volume rappresentano i prodromi per la realizzazione di un sistema di monitoraggio permanente che possa restituire nel tempo una visione evolutiva delle pratiche di welfare di comunità avviate nella cornice della 112/16 volte a favorire il benessere, l’autonomia, la deistituzionalizzazione e a garantire la piena inclusione sociale delle persone con disabilità, come realizzazione del pieno diritto alla dignità e all’uguaglianza di ogni persona. Per questo abbiamo inteso il monitoraggio non solo come pratica rendicontativa, ma come strumento per raccontare alcune pratiche in corso che possano costituire un sistema di modelli utili a favorire la loro replicabilità, convinti che ripercorrere e analizzare i progetti già attuati permette di trasformare le nicchie di innovazione in vettori di trasformazione del sistema.

Sebbene questa legge abbia centrato gli scopi sollecitati dalla società civile e abbia stimolato misure di welfare, volte anche a evitare l’istituzionalizzazione, basate su processi partecipativi e di co-progettazione, di fatto nelle varie Regioni ha prodotto risultati disomogenei ed è essenzialmente questo fatto che ha spinto il Comitato Officina Dopo di Noi ad analizzare le diverse interpretazioni che la legge ha assunto nei vari territori.

Angela Silvia Pavesi

Cristiana PEREGO: L’obiettivo dell’azione di monitoraggio realizzata dal Comitato Officina Dopo di Noi è stato quello di analizzare lo stato di attuazione della Legge 112/16 attraverso la costruzione di un sistema che si basa su elementi di analisi principalmente di tipo qualitativo finalizzato a mettere in luce i contenuti delle singole programmazioni regionali in un’ottica comparativa. Tale sistema si sostanzia in un modello sperimentale costruito per potersi rivolgere ai beneficiari diretti della legge che si basa su una serie di indicatori di tipo qualitativo in grado di restituire elementi distintivi per l’implementazione della legge in termini di processo, per questo motivo il sistema non è stato pensato per uno scopo esclusivamente rendicontativo. Le tavole sinottiche elaborate per tutte le Regioni italiane vanno a indagare dati riconducibili alle seguenti otto macro-categorie:

  • i riferimenti normativi regionali (deliberazione attuativa regionale, programma operativo e successive disposizioni normative);
  • il sistema di governance, gli avvisi pubblici di fonte regionale e la promozione delle informazioni sul territorio;
  • il coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza;
  • i beneficiari della misura e l’individuazione delle priorità di accesso;
  • la valutazione multidimensionale del bisogno (equipe di valutazione multidimensionale e strumenti di valutazione utilizzati);
  • il progetto individuale e il budget di progetto;
  • le risorse finanziarie nazionali, con specifici approfondimenti per anno e tipologia di intervento;
  • le attività di verifica e monitoraggio.

Possiamo citare alcuni dati?

Cristiana PEREGO: Il focus su quattro Regioni (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) ha permesso di integrare i dati elaborati nelle tavole sinottiche conducendo approfondimenti più dettagliati rappresentati da una serie di indicatori sintetici di seguito riportati per ciascuna delle Regioni oggetto di approfondimento[1]:

  • Lombardia

Totale progetti attivati (2018): 1.648

Totale progetti attivati (2019): 1.718

I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2018

Beneficiari: 1.586

Progetti individuali predisposti: 1.584

Beneficiari secondo tipologie di intervento:

a, c1, c2) 1.291 [il dato relativo alla tipologia a) include anche le tipologie c1) e c2)]

b) 216

e) 79

Soluzioni alloggiative: 50

Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 39.503.020

Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 30.010.900

Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Lombardia: 20.986

Grado di copertura in Regione Lombardia (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 7,5%

Beneficiari potenziali stimati da Regione Lombardia sulla base del patrimonio informativo a livello dei servizi per le persone con disabilità (2016): 3.597

  • Piemonte

I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2018

Beneficiari: 1.491

Progetti individuali predisposti: 1.389

Beneficiari secondo tipologie di intervento:

a) 400

b) 173

c1) 630

c2) 121

e) 167

Soluzioni alloggiative: 26

Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 16.922.340

Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 12.916.800

Risorse spese (2016): € 3.420.503 (Fondo nazionale)+ € 137.808 (compartecipazione ASL e Anffas)

Contributo medio pro capite erogato (rapporto tra risorse spese e numero beneficiari): € 2.386

Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Piemonte: 8.896

Grado di copertura in Regione Piemonte: (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 16,7%

Utenti con disabilità (0-64 anni) in carico ai servizi sociali in Regione Piemonte (2018): 38.500

  • Friuli-Venezia Giulia

Numero di interventi predisposti per tipologia (al 31 dicembre 2019):

a) 11

b) 29

c1) 38

c2) 0

e) 12

Totale: 90

I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2019

Beneficiari: 82

Progetti individuali predisposti: 82

Beneficiari secondo tipologie di intervento:

a) 11

b) 29

c1) 38

c2) 0

e) 12

Soluzioni alloggiative: 17

Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 4.698.780

Risorse ricevute (2016, 2017, 2018): € 3.588.000

Risorse spese (2016, 2017): circa € 2.000.000 (dato indicativo in attesa di rendicontazione ufficiale prevista per fine giugno 2020)

Contributo medio pro capite erogato (rapporto tra risorse spese e numero beneficiari): € 24.390

Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in in Friuli-Venezia Giulia: 2.444

Grado di copertura in Regione Friuli-Venezia Giulia (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 3,3%

  • Lazio

Numero di interventi predisposti per tipologia (al 31 dicembre 2019):

a) 383

b) 124

c1) 249

c2) 44

e) 27

Totale: 827

I dati riportati di seguito fanno riferimento al 31.12.2019

Beneficiari: 580 (Per beneficiari si intende coloro per i quali è stata avviata la valutazione multidimensionale/la formulazione del progetto personalizzato/l’attivazione dei servizi, tutti e tre gli step o almeno il primo)

Beneficiari secondo tipologie di intervento:

a) 383

b) 124

c1) 249

c2) 44

e) 27

Soluzioni alloggiative (dato in corso di verifica con i Distretti): 14

Risorse complessive previste dal Fondo nazionale (2016, 2017, 2018, 2019): € 23.771.890

Risorse ricevute (2016, 2017, 2018, 2019): € 23.771.890

Potenziali beneficiari del Dopo di Noi in Lazio: 12.496

Grado di copertura in Regione Lazio (rapporto % tra numero beneficiari e potenziali beneficiari stimati): 5,4%

La svolta radicalmente innovativa, che la legge voleva promuovere e facilitare, sarebbe che le persone con disabilità conviventi con i genitori avviino percorsi di vita autonoma, di coabitazione. Quante sono le persone che grazie alla legge hanno avviato questi percorsi?

Angela Silvia PAVESI: La legge 112/16 propone e promuove un cambio di paradigma culturale per la costruzione di un welfare di comunità, stimolando a ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini per la costruzione di un welfare “dal basso” finalizzato a disincentivare l’istituzionalizzazione e a realizzare percorsi, ove possibile, di autonomia abitativa. Dal focus sulle 4 Regioni presentati poco sopra (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) emergono i seguenti dati: in Lombardia, su 1.718 progetti attivati nel 2019, le soluzioni alloggiative prodotte sono 50; in Piemonte, su 1.389 progetti attivati nel 2019, sono 26; in Friuli-Venezia Giulia sono 17 e nel Lazio 14. Questa limitatezza nei numeri è attribuibile a diversi fattori, tra cui due appaiono particolarmente critici: il primo è la sostenibilità e la capacità di tenuta nel tempo del percorso di autonomia abitativa progettato; il secondo è la mancanza di coinvolgimento nei percorsi di co-progettazione di soggetti che specificatamente si occupano di welfare abitativo. Per questo nel libro sono state tracciate alcune significative esperienze di housing che mettono in luce sia le diverse tipologie alloggiative che possono essere realizzate, sia i processi e gli attori attraverso cui realizzarle. In queste esperienze emergono alcuni tratti caratteristici presenti nelle c.d. nuove forme di “abitare collaborativo”, in cui è prima di tutto l’approccio progettuale a cambiare in modo drastico.

Dal focus fatto su 4 Regioni (Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Lazio) emergono i seguenti dati: in Lombardia, su 1.718 progetti attivati nel 2019, le soluzioni alloggiative prodotte sono 50; in Piemonte sono 26; in Friuli-Venezia Giulia sono 17 e nel Lazio 14. Questa limitatezza nei numeri è attribuibile a diversi fattori, tra cui due particolarmente critici: la sostenibilità e la capacità di tenuta nel tempo del percorso di autonomia abitativa progettato e la mancanza di coinvolgimento nei percorsi di co-progettazione di soggetti che specificatamente si occupano di welfare abitativo.

Angela Silvia Pavesi

Nelle esperienze di abitare collaborativo, infatti, si passa da una progettazione dell’offerta abitativa di tipo top-down a una progettazione di tipo bottom-up, in cui è la comunità che spinge dal basso istituzioni e reti, obbligando a un dialogo per la ricerca di soluzioni progettuali in grado di rispondere alle necessità espresse dagli stessi beneficiari, oltre che valorizzare le capacità presenti nelle persone che formano e compongono la comunità di riferimento. Tutto questo capovolge l’orientamento di un’offerta abitativa di tipo “assistenziale” a un approccio di tipo capacitivo e inclusivo. In questo scenario, l’abitazione, i servizi alla persona e gli spazi-servizio collegati alla funzione abitativa sono fortemente correlati tra loro e sono in grado di disegnare sia gli spazi funzionali dove si svolge la vita delle persone (dalla casa al quartiere), sia le relazioni della comunità. Nelle esperienze citate lo spazio abitativo, l’ambiente circostante e la comunità di riferimento rappresentano ambiti funzionali e/o spaziali importantissimi per sperimentare l’autonomia “durante noi” e preparare al “dopo di noi” attraverso l’esperienza umana e sociale di “abitare un luogo” che permetta di sperimentare l’appartenenza collettiva a un “noi”. Le tipologie di soluzioni alloggiative che possono essere inserite in interventi più ampi di abitare sociale sono: alloggio per famiglia accoppiato a alloggio per glia/o con disabilità; alloggio “sollievo”; alloggio “palestra autonomia”; gruppo appartamento; casa famiglia; alloggio “sostegno o mutuo aiuto”; alloggio “peer-to-peer”.

Ci sono buone pratiche da indicare?

Angela Silvia PAVESITra i casi citati, due sono sicuramente buone pratiche e possono per questo ispirare o orientare progetti futuri: uno è il Villaggio solidale all’ex cascina San Carlo di Milano. Si tratta del primo intervento edilizio a Milano specificamente ispirato alla legge del “Dopo di noi”, che vedrà la realizzazione di diverse soluzioni di ospitalità per famiglie con figli con disabilità. Interamente finanziato attraverso contributi di fondazioni filantropiche e donazioni private (a cui partecipano le famiglie fondatrici dell’associazione “Speranza oltre noi” oltre a privati cittadini e aziende), questa iniziativa ha preso forma dall’esperienza di una piccola comunità di genitori anziani con figli con fragilità e dall’impegno di Don Virginio Colmegna e delle istituzioni e associazioni a lui vicine: la Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani” e il Centro Ambrosiano di Solidarietà. La Cascina San Carlo – spiega don Colmegna – diventerà una sorta di villaggio solidale, un luogo di partecipazione attiva, non separato, che creerà una rete nel quartiere anche con le famiglie che non hanno a che fare con la disabilità”. L’altro intervento che incarna la legge 112/16 è “Casa mia. Una Casa accogliente per persone con disabilità”. Si trova a Correggio (RE), all’interno di un “quartiere-laboratorio” Caleidoscopio e nasce in continuità filosofica e urbanistico-ambientale con l’esperienza di Coriandoline, le case amiche dei bambini e delle bambine. Il Comitato ha scelto di dedicare spazio al racconto di questo progetto perché rappresenta una pratica significativa gemmata dall’incontro del quadro attuativo locale della legge 112/16 con i bisogni presenti sul territorio, sapientemente tradotti in concreto dai corpi intermedi locali, forti di una presenza storica sul territorio e di un legame di fiducia stabilito negli anni con la comunità locale. Per questo progetto la Regione Emilia-Romagna ha concesso l’assegnazione di contributi a valere sul Fondo della Legge 112/16 e la Fondazione “Dopo di Noi” di Correggio, oltre a essersi attivata per ottenere il contributo, ha promosso un’azione di partnership virtuosa: ha cercato e trovato sostegno e disponibilità presso la Cooperativa di Abitanti Andria e il Comune di Correggio ha concesso a titolo gratuito un’area in diritto di superficie per 33 anni. La comunità locale e il sistema della cooperazione di abitanti di Legacoop hanno dimostrato una generosa partecipazione al progetto, creando una gara di solidarietà che si è manifestata attraverso donazioni e liberalità importanti che hanno determinato la sostenibilità del progetto.

Come è cambiata la situazione rispetto all’utilizzo di trust e contratto di affidamento fiduciario? Servirebbero modifiche ulteriori per rendere questi strumenti più rispondenti ai bisogni delle famiglie?

Michele FALZONE: L’analisi incrociata di dai del Ministero del Lavoro e del Consiglio Nazionale del Notariato vede da giugno 2016 a settembre 2019 istituiti 2.058 trust immobiliari che hanno conferito la casa a vantaggio del figlio disabile, 18 contratti di affidamento fiduciario e 984 vincoli di destinazione. Ricordiamo che il contratto di affidamento fiduciario compare in Italia solo con la con Legge 112: le famiglie italiane hanno preferito il trust, in qualche modo più conosciuto. Il contratto di affidamento fiduciario è più flessibile e meno costoso ma fa ancora fatica ad essere applicato perché poco conosciuto. Per il trust ad esempio, sotto il profilo fiscale, sarebbe auspicabile un intervento normativo per riconoscere ai trust i vantaggi fiscali che l’ordinamento riconosce alle persone fisiche proprietarie di immobili, come l’esenzione dell’Imu o la possibilità di locare con la cedolare secca. Sul contratto di affidamento fiduciario c’è un disegno di legge assegnato alla Commissione Giustizia per darvi regolamentazione completa e unitaria, dato che se ne parla nella legge 112/16 ma non c’è una fonte normativa di diritto. Un altro nodo è quello del trust collettivo, su cui ci sono stati in questi anni diversi interpelli ma ancora non si è trovata una soluzione. È una strada percorribile ma di difficile disciplina: se il trust coinvolge diverse persone, ad esempio uno ci mette la casa e uno solo 10mila euro, ma quando uno muore i beni conferiti nel trust restano per gli altri. Si è fatto, ma non sono mancate poi le difficoltà. Bisognerebbe pensare di allargare la misura del dopo di noi a chi non è in condizioni così gravi, per avere risorse in più per garantire la continuità dei progetti.

Quali sono alcune sottolineature che emergono rispetto all’attuazione nelle varie regioni?

Angela Silvia PAVESI: In primis la significativa eterogeneità con cui la legge è stata attuata in tutte le Regioni, questo riguarda una variabilità di condizioni sia a livello normativo sia dal punto di vista gestionale nell’attuazione dei progetti e nei processi di implementazione di questi progetti. Emblematicamente si fa riferimento a contesti regionali dove sono stati emanati degli avvisi pubblici rivolti ai beneficiari diretti delle misure (per esempio in Lombardia) e ad altri dove la strategia delle politiche ha investito con ruolo e autonomia gli enti gestori di servizi e interventi rivolti alle persone con disabilità al fine di individuare i potenziali beneficiari, promuovere l’elaborazione di progetti individualizzati di vita, utilizzare in modo coordinato i fondi disponibili (per esempio in Friuli-Venezia Giulia).

Dal 2016 a oggi la Legge non ha avuto il successo sperato, e questo è imputabile a vari fattori: i ritardi regionali, le diverse modalità attuative a livello locale, la difficoltà riscontrata dalle famiglie nell’avvicinarsi agli strumenti giuridici messi a loro disposizione. Ma anche, purtroppo, alla scarsa conoscenza e alla mancanza di competenze adeguate da parte di alcuni degli attori del complicato processo che la Legge vorrebbe portare avanti per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità.

Monica De Paoli e Michele Falzone

A cinque anni dall’entrata in vigore, con le grandi aspettative che essa aveva generato, qual è il bilancio della Legge 112/16? Quali le riflessioni e le piste di lavoro?

Monica DE PAOLI e Michele FALZONE: Dipende da come la si legge. Sicuramente al Legge è servita a dare una “scossa” per trovare soluzioni a una questione che non può essere più invisibile, poiché ci sono cittadini nel nostro Paese che hanno questo bisogno di maggiore attenzione sia da parte delle istituzioni sia da parte delle comunità in cui vivono. Certamente occorre fare ancora tanta sensibilizzazione, per arrivare a vedere il Dopo di Noi come una opportunità per tutti. Il Comitato ha dedicato a questo quattro anni di lavoro (il Comitato è stato costituito il 23 giugno 2017): seguire l’attuazione della Legge, approfondire i diversi ambiti di intervento, diffonderne i contenuti. Un compito non facile, perché la Legge non è facile:

  • non è una legge quadro, che quindi non ha sostituito le altre norme dedicate alla disabilità;
  • disciplina diversi settori legati alla disabilità (interventi pubblici volti per lo più a favorire la deistituzionalizzazione e la progettazione di nuove forme di housing; strumenti giuridici privati a disposizione delle famiglie per costruire il “progetto di vita” nel “durante e dopo di noi”; agevolazioni scali per i trasferimenti di beni a trust, vincoli di destinazione di cui all’art. 2645 ter, codice civile, e fondi speciali costituiti a favore di persone con disabilità);
  • la sua attuazione è demandata alle Regioni, fatta eccezione per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che resta in capo allo Stato. Ambiti diversi perché il tema della disabilità riguarda la vita nella sua pienezza, e quindi l’assistenza sanitaria e sociale, economica, l’istruzione, la casa, il lavoro, gli affetti.

La Legge 112/16 è certamente una legge coraggiosa, perché con ambizione si è prefissa di dare risposte se non a tutti a numerosi e necessari pezzi di un puzzle che ancora oggi si sta cercando di ricomporre. Ne erano pienamente consapevoli i fondatori dell’Officina, la senatrice Annamaria Parente, relatrice della Legge al Senato, che ha fortemente voluto, con il prof. Zamagni e gli altri fondatori, la creazione di un comitato, di natura privatistica, che affiancasse l’avvio della Legge, monitorandone l’attuazione a livello centrale e regionale e al tempo stesso fornendo un supporto per l’approfondimento dei diversi ambiti di intervento della Legge. È stata, per chi vi ha partecipato, una importante esperienza di cittadinanza attiva e di collaborazione multidisciplinare, di grande arricchimento per tutti. Un percorso virtuoso e replicabile, basato sull’impegno volontario e gratuito di tante persone, che ha consentito di raccogliere e mettere a disposizione del legislatore e del pubblico dei dati importantissimi per valutare se la Legge funziona e raggiunge i propri obbiettivi, se è migliorabile, e come. E sappiamo tutti che i dati sono la vera ricchezza del nostro tempo.

Dal 2016 a oggi la Legge non ha avuto il successo sperato, e questo è imputabile a vari fattori: i ritardi regionali, le diverse modalità attuative a livello locale, la difficoltà riscontrata dalle famiglie nell’avvicinarsi agli strumenti giuridici messi a loro disposizione. Ma anche, purtroppo, alla scarsa conoscenza e alla mancanza di competenze adeguate da parte di alcuni degli attori del complicato processo che la Legge vorrebbe portare avanti per favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità. Di conseguenza anche l’articolo 7 della Legge, che prevede l’avvio da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri di campagne informative al fine di diffondere la conoscenza della Legge e delle altre forme di sostegno pubblico previste per le persone con disabilità grave, è rimasta una norma parzialmente inattuata. Fare informazione di qualcosa che non si conosce diventa disinformazione. Per questo il Governo Conte II ha istituito, all’interno dell’Ufficio per le politiche in favore delle persone con disabilità, con decreto 29 luglio 2020, un tavolo tecnico per l’analisi degli aspetti giuridici e scali di attuazione della Legge, con lo scopo di elaborare possibili proposte migliorative della normativa e incentivare l’utilizzo degli strumenti previsti: Officina Dopo di Noi ne ha seguito da vicino i lavori. Il Governo Conte I aveva istituito un Ministero per le disabilità, confermato dal Governo Draghi, che ci si augura possa lavorare efficacemente per valorizzare i percorsi e le sperimentazioni avviate.

Angela Silvia PAVESI e Cristiana PEREGO: Una possibile pista di lavoro in questa direzione potrebbe consistere nel favorire i processi di co-progettazione attraverso linee guida e griglie di monitoraggio da fornire alle Regioni. In questo senso è molto interessante l’esperienza condotta dal gruppo di lavoro interdisciplinare istituito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) su mandato del Ministero della Salute e coordinato da Maria Luisa Scattoni nell’ambito del progetto Fondo Autismo, per la definizione di “Linee di Indirizzo per le Regioni e Province Autonome” finalizzate alla definizione e implementazione di percorsi differenziati per la formulazione del progetto di vita basato sui costrutti di ‘Quality of Life’ e tenendo conto delle diverse necessità di supporto, livello funzionamento adattivo, e disturbi associati delle persone con ASD, con particolare attenzione alla fascia d’età 7-21 anni.

Un’altra pista di lavoro consiste sicuramente nel tracciamento dei processi che sono stati messi in atto nei vari territori e che hanno portato all’attuazione di buone pratiche: in questo senso sta già operando l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità attraverso l’acquisizione di manifestazioni di interesse per l’individuazione di soggetti a cui affidare ricerche con focus specifici.

Altro tema fondamentale riguarda il profilo dei beneficiari raggiunti, i dati in questa direzione sono frammentari e richiedono un monitoraggio ancora più puntuale e sistematico che aggiunga possibilmente ulteriori livelli di dettaglio che riguardino la persona e il contesto di vita, per favorire in prospettiva anche una visione rispetto ai risultati e agli impatti di questi progetti per il “Dopo di Noi” sulle traiettorie personali e familiari dei beneficiari a medio e lungo termine.

Infine, risulta evidente il ruolo fondamentale del Progetto di Vita, introdotto con la Legge 328/00, che viene messo al centro dalla legge 112/16 e che rappresenta il principio chiave per costruire percorsi di autonomie possibili. Su questo tema occorre prima di tutto lavorare a livello culturale, attraverso la formazione continua degli operatori, l’intensificazione del dialogo con le associazioni, la promozione di percorsi interdisciplinari e la centralizzazione di una governance regionale che attiene a tutti i processi che investono il Progetto di Vita in tutti gli ambiti (scuola, abitare, sanità, lavoro).


[1] Le lettere fanno riferimento alle tipologie di intervento previste dal D.M. 23.11.2016 e alla codifica utilizzata nel monitoraggio ministeriale e nelle Relazioni al Parlamento. Il dato relativo ai Potenziali beneficiari è stato calcolato effettuando una proiezione a partire dalle stime nazionali contenute nel documento Istat “Nota sulla legge Dopo di noi” illustrata in Parlamento nel percorso di preparazione della Legge 112/16 (127 mila i potenziali beneficiari a livello nazionale della legge sul Dopo di Noi) e dal totale della popolazione 0-64 anni residente in Regione al 1º gennaio 2016.

 

Tratto da: http://www.vita.it/it/article/2021/11/08/dopo-di-noi-perche-la-legge-non-ha-avuto-il-successo-sperato/160960/?fbclid=IwAR2Yrw5s2IkK02Pf0dWqUut39yljrwy8owVUStCm2L3_d5DzueRbIF01QCk