Finestra sul mondo: Ecco perche’ la crisi europea potrebbe ripartire dall’Italia

pFinestra sul mondo: Ecco perche’ la crisi europea potrebbe ripartire dall’Italia Washington, 14 lug – (Nova) – La crisi europea di cui la Brexit e’ stata catalizzatore, avverte Matt O’Brien sulla “Washington Post”, attraversa una fase di calma apparente: i mercati stanno rimbalzando, i timori si stanno dissipando e alcuni si chiedono addirittura se il Regno Unito finira’ davvero per lasciare l’Unione. Nonostante la nuova premier britannica, Theresa May, affermi oggi che “Brexit significa Brexit”, e’ ben noto che la sua posizione era contraria all’uscita del paese dall’Ue; soprattutto, non e’ chiaro come e quando avranno inizio le procedure di divorzio dall’Europa, che si preannunciano lunghe e complicate. Piu’ Londra attende, piu’ la sua economia rischia di essere danneggiata dall’incertezza, e cio’ non farebbe che rendere piu’ allettante la prospettiva di una permanenza nel perimetro dell’Ue. Non puo’ dunque essere escluso – e a Bruxelles certamente sono in molti ad auspicarlo – che il caos generato dal Brexit si riveli un gran baccano dovuto a un semplice referendum non vincolante. Illudersi che con questo i problemi europei siano risolti – specie quelli finanziari – sarebbe pero’ un gravissimo errore. Vada come vada, il referendum britannico ha dimostrato che l’Europa non ha fatto abbastanza per impedire alla politica di disgregarla. “Gli investitori lo hanno compreso benissimo”, scrive O’Brien, “e lo stesso hanno fatto i cittadini”. Diversi paesi europei si candidano a ripetere il colpo assestato all’Unione dalla Brexit, dunque, e tra questi, secondo l’opinionista, figura soprattutto l’Italia: non perche’ nel paese sia gia’ numericamente maggioritaria una forza politica espressamente euroscettica, quanto per la commistione di gravi problemi economici, finanziari e politici che, secondo O’Brien, si profilano all’orizzonte del Belpaese, e rischiano di gettarlo in una gravissima crisi. E’ ormai noto che il voto referendario britannico abbia assestato un duro colpo soprattutto all’Italia: ed e’ proprio quest’ultima “il luogo dove la battaglia per l’euro, l’Unione Europea e forse persino gli Stati Uniti d’Europa non sara’ vinta, ma potrebbe benissimo essere persa, a prescindere dall’andamento dell’indice Standard & Poor’s 500”. La domanda fondamentale da porsi, sostiene infatti l’opinionista, e’ “a chi giovi l’euro”: e la risposta, a suo dire, e’ “non certo all’Italia”. A dimostrarlo sono anzitutto le banche italiane, che pure oggi dipendono dalla Bce per la loro liquidita’, come del resto il paese ne dipende per garantire la sostenibilita’ del proprio debito pubblico. “Il modello di business delle banche italiane – scrive l’autore dell’editoriale – non funziona in un contesto in cui i creditori devono pagare interessi risibili. Non che un qualunque modello di business possa sopravvivere quando i creditori non possono permettersi alcun interesse, dopo un decennio di decrescita o crescita economica deludente che li ha lasciati in condizioni peggiori di quanto avrebbero immaginato”. Le banche italiane hanno perso moltissimi soldi a causa della crisi – il 17 per cento dei loro crediti e’ deteriorato – e non sembrano avere molti strumenti a disposizione per recuperarli. Allo stato attuale delle cose, secondo O’Brien, “l’unica buona notizia e’ che la bancarotta del paese e’ un processo cosi’ graduale da non costituire un problema nell’immediato, e forse nemmeno nel prossimo futuro”. Sarebbe lecito immaginare, in un paese dal debito pubblico elevato come quello italiano, che la posizione dell’Europa contraria al salvataggio delle banche a spese dei contribuenti sia politicamente popolare. In Italia, pero’, le cose stanno altrimenti. Il perche’ e’ presto detto: i titolari delle obbligazioni bancarie che sarebbero chiamati a partecipare alle perdite degli istituti di credito sono spesso piccoli e medi risparmiatori, che con le loro banche hanno da decenni un rapporto di fiducia spesso tradito. Il caso di Banca Etruria, scrive O’Brien, con il suicidio di un pensionato che ha perso i propri risparmi, ha dato al governo Renzi un’idea ben chiara delle conseguenze politiche del Bail-in, ed e’ per questo che il governo italiano e’ deciso ad evitare a tutti i costi uno scenario analogo per le maggiori banche del paese. L’Europa, conclude l’opinionista, attraversa un frangente estremamente problematico. E in Italia come altrove, i problemi economici e finanziari hanno effetti politici ben rappresentati dall’ascesa di partiti euroscettici o anti-establishment, come il Movimento 5 Stelle. L’Europa “e’ un luogo dove tutto e’ possibile. I paesi non faranno il necessario per lasciare l’euro, perche’ cio’ distruggerebbe nell’immediato le loro economie. Ma l’Europa non fara’ il necessario per invogliarli a restare, perche’ cio’ significherebbe violare i regolamenti”. Il Vecchio continente sconta insomma un paradossale stallo tra economia e politica: tale precario equilibrio potrebbe cambiare molto presto, se al potere in uno o piu’ Stati salissero forze populiste. “La politica”, conclude O’Brien, “avra’ la sua vendetta”. (Sit) NNNN