luglio
Giornata mondiale, regole per la prevenzione e per convivere con l’epatite C
Posted by Ileana Argentin at 10:58 AM. Placed in Rassegna stampa category
Questa infezione del fegato può essere evitata seguendo semplici accorgimenti. La diagnosi e cosa fare se ci si ammala
NEL MONDO l’epatite C colpisce 140 milioni di persone. Nel nostro paese è stata diagnosticata a 300mila pazienti, ma dal momento che in molti non sanno di essersi ammalati, potrebbero essere molti di più. Un problema capire se si è stati infettati perché la patologia è priva di sintomi. “Il problema dominante nel riconoscimento della malattia da HCV sta nell’assenza di sintomi che ne permettano la diagnosi, ad eccezione di un certo grado di stanchezza psico-fisica e di facile affaticabilità, che però sono del tutto aspecifici – spiega Gloria Taliani, docente di Malattie infettive e Direttore della Scuola di medicina tropicale all’Università La Sapienza di Roma – . La cosa più importante, dunque, è sospettarla sulla base dei fattori di rischio di ciascun soggetto. Ed è chiaro che il colloquio con il paziente rappresenta il momento centrale per iniziare un percorso diagnostico appropriato ed efficace. Ciò premesso, quando compaiono sintomi riconducibili alla sofferenza del fegato, come ad esempio colorazione gialla della congiuntiva o della cute o gonfiore degli arti inferiori e dell’addome, la malattia è in stato avanzato di progressione”
La prevenzione. Ma quali sono le regole per prevenire questa patologia? “L’epatite C è una malattia trasmessa attraverso il sangue, dunque la principale misura di prevenzione consiste nell’evitare il contatto con sangue ed oggetti contaminati con sangue: esempio coltelli, forbici, siringhe. – aggiunge Taliani – Ma l’aspetto più importante di questa informazione sta nel fatto che, sapendo quali sono i principali fattori di rischio per l’acquisizione dell’infezione, possiamo identificare alcune categorie di soggetti nei quali bisognerebbe accertare la presenza dell’infezione”.
Le persone a rischio. Ma quali sono i principali gruppi a rischio? “I soggetti che hanno ricevuto trasfusioni di sangue o emoderivati prima del 1992, e cioè in epoca pre-diagnostica per Hcv; coloro che si sono sottoposti a tatuaggi o piercing; le persone che hanno fatto uso di sostanze stupefacenti per via endovenosa, soprattutto se hanno utilizzato siringhe condivise con altri – spiega l’esperta – ;individui con attività sessuale promiscua e non protetta; pazienti con infezione da virus dell’immunodeficienza acquisita (Hiv) e infine i figli di madre Hcv positiva”.
Come convivere con l’Hcv. In molti convivono con la malattia da anni. Esistono regole da seguire per evitare di accelerare la progressione della malattia. “Il virus dell’epatite C è in grado di determinare un danno di fegato con una velocità di progressione molto variabile da un individuo all’altro. Sappiamo che alcuni fattori, quali l’età del paziente al momento dell’infezione o il sesso, condizionano la velocità di progressione, e questi fattori sono evidentemente non modificabili – commenta Taliani – . Al contrario, altri fattori capaci di accelerare la progressione della malattia epatica sono modificabili correggendo in modo adeguato lo stile di vita – .Tra questi principalmente il consumo alcolico, che noi scoraggiamo in maniera ferma in tutti i soggetti con infezione da Hcv. Ma anche il sovrappeso, che cerchiamo di combattere invitando i pazienti a modificare le abitudini alimentari e lo stile di vita”
Lo sport. “E’ inoltre molto importante promuovere una moderata e costante attività fisica nei pazienti Hcv positivi anche per un’altra ragione. Infatti Hcv è un virus molto singolare nel panorama dei virus epatici in quanto è capace di determinare la comparsa di malattie extra-epatiche. Ad esempio può favorire la comparsa di diabete – spiega ancora Taliani – . E dunque diventa particolarmente importante contrastarne lo sviluppo combattendo l’obesità o il sovrappeso e migliorando la sensibilità all’insulina. Tutti risultati che si possono raggiungere con una minima attività fisica, purché sia costante.
Se la diagnosi arriva in ritardo. L’assenza di sintomi per un lunghissimo periodo durante l’infezione può far sì che la malattia da epatite C venga diagnosticata tardivamente, quando è già in fase avanzata. “In quel caso l’intervento terapeutico deve essere affidato ad uno specialista che si prenderà cura del paziente tenendo conto dello stato della malattia e dei bisogni che ne scaturiscono – conclude Taliani – . Oggi la diagnosi e la cura della malattia da Hcv rappresentano un percorso che il paziente
deve intraprendere con fiducia, tenuto conto del nuovo orizzonte terapeutico, ma che non dovrebbe mai essere dilazionato. Quindi ogni sforzo dovrebbe essere fatto perché i soggetti con fattori di rischio per infezione da Hcv vengano diagnosticati per tempo”.
Tratto da: http://www.repubblica.it/salute/medicina/2016/07/28/news/giornata_mondiale_cosa_c_e_da_sapere_sull_epatite_c-144955138/