Gli angeli del ghiaccio “Ci siamo commossi ma scaviamo ancora”

pUna notte inquieta, una lotta contro il tempo per mantenere salda la speranza di trovare ancora qualcuno in vita dentro quel che rimane dell’hotel Rigopiano. E quando alle prime luci dell’alba inizia ad essere chiaro che sotto quei cumuli di neve e detriti c’è ancora della vita si spera in un miracolo. Si scava a mani nude con i cani a fare da guida e le sonde che cercano di valutare i rischi. Verso le dieci di mattina da un varco, già aperto il giorno prima, arrivano delle voci. Si urla per instaurare un contatto. Si continua a togliere neve, con cautela, per formare la via di salvezza.

Una squadra di soccorso del 9° reggimento alpini, utilizzando un mezzo di trasporto cingolato BV206, ha raggiunto nella notte l’area dell’Hotel partecipando alle attività di sondaggio e ricerca lungo il fronte della valanga.

 

Sono tre le prime persone che danno un segnale, tra loro la moglie e il figlio di Giampiero Parete, l’uomo che ha dato l’allarme, (era uscito dall’hotel per andare a prendere in auto una medicina della moglie e lo zainetto delle Winx della figlia Ludovica). Adriana e Gianfilippo, 8 anni, vengono estratti due ore dopo, verso le 11. I vigili del fuoco tirano fuori il bimbo tra gli applausi e le lacrime. «Bravo», «vai Chicco vai». Gli accarezzano la testa, lo guardano tutti con l’amore di un padre. Poi tocca alla donna, che esce frastornata – «non ci credevamo più…» e indica con la mano: «lì sotto c’è ancora mia figlia, in una stanza accanto alla nostra, vi prego». Ludovica, sei anni, è lì sotto, la madre le ha fatto coraggio in queste 43 ore infernali. Ha riscaldato i figli e se stessa con la speranza. Ma adesso che la tensione cala, il freddo diventa più acuto. I vestiti pesanti che l’hanno salvata dall’ipotermia non sono più sufficienti. E la paura non andrà via fino a che anche la sua «principessa» non uscirà dalla prigione di ghiaccio. E ci vorranno ancora molte ore. Nel tardo pomeriggio verrà trovata in una stanza insieme agli altri bambini.

Mentre sono ancora in corso le operazioni di salvataggio dei primi tre superstiti, la certezza che ce ne sono almeno altri 3 in vita. E non si perde tempo. La preghiera che ci fossero delle zone “protette” dove rifugiarsi è stata esaudita. Sotto la valanga possono formarsi delle camere d’aria, architravi o piccoli solai che hanno creato un vuoto e lì potrebbero esserci delle persone. Potrebbero arrivare altre buone notizie, potrebbe aumentare la lista di chi ce la ha fatta. In serata il loro numero sale a 10, tra cui tutti e 4 i bambini presenti a Rigopiano.

«All’inizio ci sembrava che le prime persone salvate fossero nel vano cucina, invece era la zona bar dove c’è anche la sala giochi», racconta Marco Bini, vicebrigadiere del soccorso alpino guardia di finanza. «Stavano in una parte dell’hotel che già avevamo intuito il giorno prima». «Quando abbiamo estratto la bambina, ci ha abbracciato, non capiva dove si trovava, era molto stravolta. Ci siamo commossi anche noi. Attimi stupendi, un premio per il tuo lavoro e la tua fatica. Facciamo un lavoro in cui crediamo e salvare vite è la nostra missione».

Angeli della neve che ridanno il futuro anche al piccolo Samuel, sette anni, figlio di Domenico Michelangelo, poliziotto di Osimo e di Marina. Dei genitori però nessuna notizia certa. Per trovarli i soccorritori hanno urlato. Hanno sguinzagliato i cani, ma la risposta era il silenzio. La neve attutiva suoni e rumori. Secondo Bini, i sopravvissuti sapevano che qualcuno li cercava, ma non riuscivano a farsi sentire. È stato anche notato del fumo, probabilmente delle combustioni causate dal crollo, osservato anche in altre parti dell’hotel. In ogni caso, il vice brigadiere spiega che «con le fiamme si rischia di esaurire velocemente l’ossigeno, in una bolla d’aria simile».

Walter Milan, portavoce del soccorso alpino, da subito, dopo la prima buona notizia della mattina, invita alla calma, ad aspettare. «Siamo di fronte a un disastro indescrivibile, con due scenari diversi: la valanga, che affrontiamo sempre, e una catastrofe naturale come un mini terremoto». Spiega perché non si può procedere con maggiore fretta: «Noi dobbiamo controllare centimetro per centimetro, dividiamo la valanga in porzioni molto piccole con spaghi e paletti e sondiamo per essere certi che in quel punto non ci sia nessuno».

Maxi-turbine capaci di perforare il muro bianco a una velocità di 700 metri l’ora intervengono quando cani e sonde hanno accertato che non ci sono persone in prossimità. Se no si scava con le pale, come dice Luca, vigile del fuoco che arriva dal Piemonte. «Non c’è tempo per sentire la fatica, la posta è troppo alta e si lavora spesso a mani nude sentendo solo la spinta a salvare delle persone. A volte veniamo premiati. Ma è ancora presto per essere felici, troppe persone sono disperse».

La speranza non si è arresa come gli uomini che la sorreggono e il «motore che alimenta i soccorsi», per usare le parole del capo della Protezione civile, dopo i primi salvataggi è girato ancora più veloce. Nella ricerca sono impegnati circa 3000 uomini e anche le unità specializzate del Servizio centrale investigazione criminalità organizzata della Guardia di finanza che, grazie a sofisticate strumentazioni tecnico-investigative, sono in grado di localizzare i telefoni cellulari dei dispersi.

Tratto da: http://www.lastampa.it/2017/01/21/italia/cronache/gli-angeli-del-ghiaccio-ci-siamo-commossi-ma-scaviamo-ancora-OFyFX5aChoNRZDWlN1s3PL/pagina.html