Isis, quel marchio che scatena l’effetto emulazione tra i jihadisti

Attacchi organizzati o spontanei si alimentano a vicenda grazie alla rivendicazioneIsis fighters, pictured on a militant website verified by AP.

GIORDANO STABILE

Attacchi, organizzati o spontanei, che si alimentano a vicenda. Il pendolo del terrore dello Stato islamico è tornato a oscillare in modo frenetico. Il massacro di Nizza ha innescato nuovi lupi solitari. Le rivendicazioni, il richiamo «all’appello» lanciato dal Califfo due mesi fa, che invitava a colpire i Paesi «crociati» colpevoli di compiere raid sulle città controllate dall’Isis, sono un’ulteriore motivazione. Una strategia ibrida per unire in un’unica rete «soldati» effettivamente addestrati e indottrinati e altri fai-da-te. Con il «marchio Isis» che arriva dall’agenzia ufficiale Aamaq a inquadrarli nell’offensiva estiva contro l’Occidente. E questo nonostante una certa ripetitività del linguaggio, la scarsità di materiale originale, indichino come anche la macchina della propaganda sia sotto pressione e con il fiato corto.

In ogni caso, in cinque attacchi «il marchio» ha giocato un ruolo importante. Il primo è quello del 12 giugno a Orlando, in Florida. Omar Mateen è un giovane allo sbando e confuso, senza legami con l’organizzazione. Come è confusa la sua dichiarazione di appartenenza all’Isis che mescola al plauso per Hezbollah, uno dei più implacabili nemici degli islamisti sunniti. Eppure in meno di 24 ore arriva il lancio dell’agenzia Aamaq. Prudente. Dice «fonti ad Aamaq», quindi non interne, attribuiscono l’azione nel nightclub Pulse a un «soldato del Califfato». Il termine mujaheddin, «coloro che combattono la jihad», di solito si applica solo ai combattenti inquadrati, jund, «soldato» sia agli interni che ai lupi solitari. Mateen si è dichiarato tale e tanto basta. All’Isis serve che il suo esempio venga imitato al più presto. Dall’appello ai lupi solitari lanciato il 22 maggio dal portavoce Mohammed al-Adnani sono passati 20 giorni e nessun attacco è stato ancora compiuto.

Qualcosa si innesca. A poche ore dalla rivendicazione, a Magnanville in Francia, un jihadista francese armato di coltello, Larossi Abballa, penetra nella casa di una coppia di poliziotti francesi e li sgozza. Qui i legami sono più netti, perché il 25enne aveva già subito una condanna per terrorismo. Il giuramento di fedeltà all’Isis arriva in diretta su Facebook e ricalca il linguaggio jihadista. Aamaq rivendica e usa la stessa formula: «fonti» confermano. Significa che un altro «soldato» ha risposto all’appello e bisogna emularlo.

Ma non basta. Nella notte fra l’1 e il 2 luglio cinque giovani universitari bengalesi fanno irruzione nel ristorante Holey Artisan Bakery di Dacca. Sono stati radicalizzati sul posto da una rete jihadista locale, Jmb, che però lavora in franchising con il Califfato. Questa volta il «marchio» è più. Vuole spaventare e convertire. I jihadisti postano sul Web le foto delle vittime sgozzate in un lago di sangue. Aamaq rivendica. E pubblica anche una foto dei cinque con la bandiera dell’Isis. Ma cambia linguaggio. I cinque sono «inghimasyin», truppe speciali infiltrate, che hanno colpito dopo «accurati sopralluoghi». Quindi un’operazione preparata direttamente dall’apparato militare dell’Isis. Così almeno si vuol far credere. E poi l’avvertimento più esplicito: «Sappiano i cittadini dei Paesi crociati che non avranno posti sicuri dagli attacchi dei mujaheddin finché i loro aerei uccideranno musulmani».

Colpire e spaventare
È un martellamento. Colpire e spaventare l’Occidente finché non si fermeranno i raid che stanno fiaccando i combattenti a Raqqa e Mosul. Viene innescato un altro lupo solitario borderline, Mohamed Lahouaiej Bouhlel a Nizza, ma più inquadrato, con contatti e radicalizzazione profonda. La rivendicazione arriva due giorni dopo il 14 luglio di sangue. La formula è quella usata per i lupi solitari. «Fonti interne ad Aamaq», un «soldato» che ha colpito per punire i cittadini di un Paese della coalizione.

La valanga sembra autoalimentarsi. A soli quattro giorni da Nizza arriva l’attacco al treno di Würzburg. La rivendicazione è rapidissima. La formula è identica a Nizza. «Fonti ad Aamaq», «soldato del Califfato». Ma il 17enne afghano «si è preparato meglio». Ha lasciato un video di 2 minuti e 20 secondi e in qualche modo l’ha fatto avere all’agenzia. Questo spiega la reattività ma soprattutto dà modo agli islamisti di amplificare la portata dell’azione. Muhammad Riyad minaccia attacchi in «ogni città, villaggio, aeroporto» finché non si fermeranno i raid. L’offensiva estiva ha ormai una sua dimensione e Aamaq pubblica addirittura un’infografica sulla Francia, con il numero dei «nemici» uccisi, come fa regolarmente per la Siria, l’Iraq o il Sinai. Si rivolge anche a un pubblico occidentale e non gonfia i dati, per non perdere credibilità. Un aspetto «moderno» che preoccupa ancora di più.

Tratto da www.lastampa.it