La vendita delle case Ater non decolla: poche adesioni e tante proteste. I sindacati: “Condizioni poco chiare”

casa_accessibileLa vendita delle case Ater non decolla: poche adesioni e tante proteste. I sindacati: “Condizioni poco chiare”
Solo 500 assegnatari su quasi 7500 lettere hanno manifestato la volontà di acquisto. I sindacati degli inquilini sono stati convocati dall’Ater per il 25 marzo

Solo 500 disponibilità all’acquisto su quasi 7500 lettere inviate. Meno del 7 per cento. E una richiesta formale da parte dei sindacati degli inquilini di sospendere il termine dei 60 giorni concesso agli assegnatari per “manifestare la volontà all’acquisto”, non solo a causa delle difficoltà legate alla pandemia ma anche per “incongruità e condizioni poco chiare” contenute nelle lettere. La dismissione delle case popolari messa a punto dall’Ater di Roma, con il via libera preventivo della Regione Lazio, non è decollata. Anzi.

Le problematiche sorte in seguito all’invio delle lettere hanno creato allarme tra gli inquilini tanto che Ater è corsa ai ripari pubblicando sul sito le risposte alle domande più frequenti e convocando i sindacati degli inquilini per giovedì 25 marzo. Sindacati che non erano stati convocati prima della messa a punto del piano. Sempre dopo l’invio delle lettere, inoltre, con data 23 marzo, il direttore generale Andrea Napoletano ha pubblicato un avviso agli istituti di credito nel tentativo di stipulare convenzioni per “l’erogazione di mutui ipotecari a condizioni agevolate e in tempi utili”. Le offerte dovranno essere presentate entro il 31 marzo, a dismissione ormai partita.

Il ‘Programma di alienazione e reinvestimento’ è stato avviato da Ater nell’agosto del 2020 sulla base del cosiddetto decreto Lupi dell’ex governo Renzi, recepito dalla delibera regionale 410 del 2015, e prevede la vendita degli appartamenti inseriti nei condomini misti nei quali la proprietà pubblica, in questo caso dell’Ater, è inferiore al 50 per cento. Agli assegnatari viene riconosciuto il diritto di prelazione, con possibilità di acquisto ai parenti fino al terzo grado, purché in possesso dei requisiti richiesti per accedere a un alloggio pubblico. Chi non potrà acquistare verrà spostato in altri appartamenti, sempre di proprietà Ater, per poter procedere con la vendita all’asta. Potranno restare solo le famiglie con particolari situazioni di disagio e i nuclei di soli ultra 70enni. Il prezzo di vendita è calcolato sulla base della rendita catastale moltiplicata per cento e ridotta dell’1 per cento per ogni anno di anzianità dell’immobile, fino a un massimo del 20 per cento.

In vendita quasi 7500 appartamenti: il piano
“Il primo problema che rileviamo è il termine perentorio dei 60 giorni, coinciso con l’ingresso del Lazio in zona rossa”, spiega Emiliano Guarneri, segretario del Sunia di Roma, che insieme al Sicet e all’Uniat ha chiesto la sospensione dei termini. “Non ci sono le condizioni per gli inquilini per poter decidere se intraprendere un’operazione così impegnativa dal punto di vista economico”. Il termine, inoltre, fa notare Paolo Rigucci, segretario romano del Sicet, “non è previsto per legge: nei condomini misti la vendita è sempre aperta”.

A preoccupare tutti i sindacati è anche la cosiddetta ‘mobilità’ per chi non può comprare, prevista dal decreto Lupi. “Questa operazione non è fattibile perché mancano gli alloggi, a maggior ragione in un quadro in cui la graduatoria per le assegnazioni è praticamente bloccata. Servono condizioni chiare di tutela per gli inquilini”, commenta ancora Guarneri. Per Unione Inquilini, ampliare le tutele significa “permettere di restare anche ai nuclei con un solo ultrasettantenne, quelli con i bambini per garantire la continuità scolastica, e comunque impedire ogni mobilità coatta”, spiega Silvia Paoluzzi.

Per i sindacati, anche il contenuto della lettera pone una serie di problematiche. A partire dal prezzo, “non determinato in maniera chiara”. Nelle comunicazioni arrivate agli inquilini, infatti, si legge: “Al prezzo indicato saranno aggiunti gli eventuali costi di manutenzione straordinaria sostenuti da Ater nei cinque anni precedenti” e “la rendita catastale, determinante per la definizione del prezzo di vendita, può subire nel tempo variazioni”.

Chi vuole acquistare, inoltre, deve versare 1.708 euro per le “spese amministrative e d’istruttoria”. Questi soldi non sono “un’anticipazione del prezzo di vendita e non verranno rimborsati” nel caso in cui la vendita, che secondo i piani di Ater avverrà entro 3 anni, non andrà a buon fine per cause non legate all’ente. “C’è troppa incertezza nel prezzo, ad oggi non si sa se i box e le manutenzioni verranno conteggiate e, cosa ancora più grave, non si conoscono i tempi. Come fa una famiglia ad andare in banca a queste condizioni?”, denuncia Rigucci. Un passaggio obbligato, dal momento che la legge Lupi non prevede alcuna rateizzazione. “Ci chiediamo inoltre perché nel piano di vendita siano finiti anche alcuni condomini che non sono misti”, aggiunge il sindacalista.

Per Guarneri: “Se l’Ater chiede alle famiglie di versare una quota, per di più triplicata rispetto all’ultima dismissione, deve almeno garantire trasparenza sulle modalità di vendita”. Infine, conclude Guarneri, “facciamo notare che alcune lettere sono state intestate agli eredi degli assegnatari e a inquilini occupanti non ancora sanati. Un elemento che crea notevole confusione”. Aggiunge Paoluzzi: “Per principio siamo contro la vendita del patrimonio pubblico, ma, dal momento che la legge prevede di dismettere, per chi acquista vanno fissate garanzie: i costi dell’istruttoria non devono essere a carico degli inquilini, vanno stipulate convenzioni per mutui agevolati, le manutenzioni straordinarie non vanno inserite nel prezzo”.

Asia Usb conferma la sua posizione “totalmente contraria” alla dismissione del patrimonio pubblico, in particolar modo “in un momento in cui la povertà continua ad aggravarsi”, e al decreto Lupi “contro il quale ci stiamo mobilitando per chiederne la revoca (il 27 marzo 2021 si terrà una manifestazione davanti al ministero delle Insfrastrutture, ndr)”, commenta Angelo Fascetti. Il sindacalista poi aggiunge: la dismissione “promette agli inquilini la possibilità di vendere l’alloggio dopo cinque anni, lasciando intendere che ci si potrà speculare come accaduto nelle case già vendute dove sono stati aperti dei B&B. Al contrario la Cassazione ha chiarito che il valore sociale e il suo prezzo seguono l’immobile: per rivendere queste case a valori di mercato bisognerà versare al Comune di Roma la quota per l’affrancazione”.

Non solo i sindacati. Contro “il rischio mobilità” è anche il Pd di Roma che ha avviato una raccolta firme in sostegno della petizione con la quale la Rete degli inquilini di San Saba chiede di modificare la legge Lupi, approvata dall’ex governo Renzi nel 2014 e mai modificata fino ad oggi. “Abbiamo chiesto al Parlamento di cambiare il decreto sul punto relativo alla mobilità”, commenta Yuri Trombetti, responsabile Casa del Pd di Roma. “Un altro elemento che andrebbe introdotto è la possibilità di pagare rateizzando, mentre oggi il decreto prevede il versamento di un’unica soluzione, rendendo necessario il ricorso alle banche”.

Tratto da:

https://www.romatoday.it/politica/vendita-case-popolari-ater-cosa-succede.html