RIO 2016, LA FESTA PER GLI ATLETI INAIL: “LO SPORT È STATO LA NOSTRA RINASCITA”

Cerimonia all’Auditorium Inail con otto dei venti atleti assistiti dall’Inail che hanno partecipato alle Paralimpiadi brasiliane: le emozioni sportive e il sostegno dell’istituto nella fornitura, sempre all’avanguardia, di protesi e ausili. Da Martina Caironi a Vittorio Podestà, passando per Achenza, Cancelli, Contrafatto, Menciotti, Sasso e Tapia, una celebrazione dell’importanza dello sport come strumento di riabilitazione

xxxROMA – Venti atleti che sono un esempio per come hanno saputo prendere in mano la propria vita, affrontare ostacoli, abbattere limiti, emozionarsi ed emozionare con i loro gesti sportivi. Venti atleti che hanno trovato nell’Inail un valido sostegno, non solo quello di un istituto di assicurazione, ma quello di una realtà che dalla riabilitazione alla fornitura delle protesi mette l’atleta al centro delle sue attività consentendogli di mostrare ai massimi livelli ciò di cui è capace. Dopo l’esperienza delle Paralimpiadi di Rio 2016, otto di questi venti atleti sono stati al centro della festa organizzata all’Auditorium dell’Inail di piazzale Pastore a Roma: una celebrazione dei successi ottenuti e l’occasione per valutare l’impegno dell’Istituto nello sport delle persone con disabilità. Un incontro che ha visto, oltre al commissario straordinario Inail Massimo De Felice e al direttore generale Giuseppe Lucibello, anche il presidente del Cip Luca Pancalli e il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Enrico Costa. Giovanni Achenza, Martina Caironi, Giampaolo Cancelli, Monica Contrafatto, Riccardo Menciotti, Vittorio Podestà, Giovanni Sasso e Oney Tapia i magnifici otto: alcuni medagliati, altri no, ma tutti uniti dal duro lavoro svolto in vista di Rio e dalla partecipazione ai massimi livelli mondiali.

DE FELICE. “I Giochi di Rio hanno meravigliato anche chi li ha seguiti solamente in televisione – ha detto il commissario straordinario Inail Massimo De Felice – ed è stato molto importante il contributo portato non solo da chi ha vinto una medaglia, ma anche da chi pur non è arrivando sul podio ha comunque messo impegno e determinazione. L’esperienza di Rio è stata importante per diffondere lo sport riabilitativo anche in senso non agonistico, come strumento per avvicinare i giovani allo sport. E per l’Inail, che con l’esperienza di Antonio Maglio ha dato il via al germe delle Paralimpiadi, essere stata anche stavolta vicino alle attività paralimpiche è segno di piacere e di impegno”.

PANCALLI. “Le 39 medaglie vinte a Rio sono la dimostrazione della capacità organizzativa”, ha affermato Luca Pancalli, presidente del Cip. Un successo previsto (“prima di partire avevamo contato 43 medaglie”), mentre imprevisto è stato il riscontro avuto nel paese “da parte di tanti giovani disabili che si sono innamorati dello sport, ci hanno chiamato per dirci di voler provare uno sport”. E ancora di più, le manifestazioni di tanti non disabili che si sono emozionati durante le Paralimpiadi e che “ci hanno confidato di averle viste e di averle fatte vedere ai propri figli”. Rio 2016 è stato “uno tsunami di positività” grazie ad atleti che “al di là dei risultati personali, non si scordano quello che loro rappresentano per tanti ragazzi disabili che sono in un letto di ospedale”. “Fra un anno e mezzo ci sono le Paralimpiadi invernali, ma c’è un lavoro quotidiano per utilizzare lo sport nel recupero degli infortunati sul lavoro, e un’attività nelle unità spinali e nei centri di riabilitazione del paese”.

VERNI. Cuore delle attività di protesi e ausili per l’attività sportiva è il Centro Protesi di Vigorso di Budrio, eccellenza da 280 persone fra tecnici, medici, personale sanitario e amministrativi. Oltre 11 mila pazienti l’anno seguiti con diverse tipologie di fornitura, circa 5500 l’anno le protesi e le ortesi date a infortunati sul lavoro ma anche a invalidi civili. “Le forniture – dice il direttore tecnico Gennaro Verni – sono specifiche per l’attività sportiva, con dispositivi che vengono applicate su una invasatura che è personalizzata”. Insieme ai tecnici, al preparatore atletico Alessandro Kuris, le forniture all’avanguardia permettono agli atleti di poter contare sempre sul meglio a disposizione. Un’attività sempre più ampia, in continua evoluzione, che di fatto costituisce la prosecuzione del lavoro iniziato al Centro Paraplegici di Ostia, culla del movimento paralimpico italiano.

ACHENZA. Il sardo medaglia di bronzo nel triathlon è il primo ad essere premiato: il racconto dell’infortunio sul lavoro, degli anni difficili di buio, la scoperta dell’handbike e lo sport che porta alla nascita di un atleta e alla rinascita di una persona: “Ho fatto qualcosa di straordinario”. E l’obiettivo subito rilanciato verso i prossimi appuntamenti.

CAIRONI. Il sorriso della medaglia d’oro nei 100 metri T42 racconta il rapporto con le protesi, in gara e nella vita quotidiana. “Con le protesi posso fare tutto e anche di più, lo sport è il superamento dell’ostacolo e del limite, è fatica, soddisfazione, è il riassunto della vita”. “A Rio con Inail avevamo portato anche un invasatura più piccola per la mia protesi, nel caso in cui le alte temperature avessero asciugato molto il moncone: in finale ho comunque portato la protesi principale, e nel riscaldamento la sentivo ballare. Avevo lasciato in stanza i vari spessori portati per l’occorrenza, così ho iniziato a riempirla con dei fazzolettini di carta, l’unica cosa che avevo a portata di mano. In gara ho avuto la sensazione di perdere la protesi, fortunatamente non è andata così e sono arrivata alla fine. Un imprevisto che ha dato più pathos alla gara: all’arrivo ho pianto per 20 minuti per scaricare tutta la pressione che avevo addosso, complice anche l’essere portabandiera. E’ andata bene, per il futuro avrò l’esperienza dalla mia parte”.

CANCELLI. Nono nella gara individuale, quinto nella gara a squadre: una bella Paralimpiade nel tiro con l’arco anche per Giampaolo Cancelli: “A Rio non sono stato capace di combattere contro le folate di vento, è stata colpa mia. L’arco, una volta appresa la tecnica, è tutto testa: l’emozione può farti sbagliare. Ma ad una Paralimpiade è bello partecipare ma anche vincere: si continua con questo obiettivo, non c’è ombra di dubbio.

CONTRAFATTO. La siciliana terza e medaglia di bronzo nella stessa gara dei 100 metri T42 vinta dalla Caironi è estroversa come sempre, lei che ha perso una gamba in missione di pace in Afghanistan e “sono stata fortunata a perdere quella gamba laggiù, perché ho conosciuto un mondo, ad iniziare da Martina che ho visto vincere a Londra mentre stavo in un letto di ospedale e che poi è diventata mia amica”.

MENCIOTTI. Settimo nei 100 farfalla, ottavo nei 100 dorso, un ottimo debutto paralimpico per Riccardo Menciotti, appena 22enne, all’inizio della sua carriera paralimpica internazionale, lui che in vasca si sente come a casa, lui che il nuoto ce l’ha dentro “ed è stato molto importante per me”. Una targa di riconoscimento anche per lui.

PODESTA’. L’uomo squadra della handbike, l’unico medagliato a Pechino 2008, colui che ha visto la squadra trasformarsi nel corso degli anni in quel dream team che oggi è la squadra più forte del mondo. “Fino a quando non ho conosciuto l’handbike – dice Vittorio Podestà, due ori a Rio – ero sicuro che non avrei mai potuto provare le sensazioni che da ciclista provavo prima dell’infortunio: il vento in faccia, la libertà di allenarsi all’aria aperta. L’handbike mi ha folgorato, era un diamante grezzo che bisognava scoprire: è stata la mia rinascita. Il bello di quando si diventa disabili è quando poi provi un’emozione che un incidente ti aveva fatto credere di aver perso per sempre. La rinascita è la cosa più bella e l’Inail ti ridà questo, la rinascita delle emozioni e della gioia di vivere attraverso lo sport”.

SASSO. Il maratoneta con le stampelle (4 ore e 28 minuti ad Amsterdam), l’uomo che incarna la follia “di sentirsi vivo, di stare in mezzo alla gente”. Quel ragazzo che a 16 anni, al momento dell’incidente, era disperato per non poter più giocare a calcio e che a calcio poi ha finito per giocarci ugualmente, dopo due o tre anni, con le stampelle, e a competere anche con chi le stampelle per giocare non le aveva. “Tutti quanti passiamo momenti bui ma fanno parte della vita: occorre rialzarsi e ripartire sempre”. Dopo le stampelle, l’arrivo delle protesi: “L’Inail ha fatto il miracolo, mi hanno messo in una statica perfetta venti giorni prima di una gara in Giappone nel triathlon, e da lì la qualificazione a Rio 2016”. Dalle Paralimpiadi brasiliane è arrivato un buon piazzamento, ora “voglio tornare a fare la maratona”. “Non mi fermo, lo sport è la mia vita”.

TAPIA. La musica, la gioia, la vitalità dell’italo cubano arrivato da L’Avana per giocare a baseball e che dopo l’infortunio sul lavoro che l’ha reso cieco ha scoperto il mondo dello sport per non vedenti: il torball, il goalball, perfino il judo. “Erano cose che non immaginavo che ci fossero, mi sono reso conto che mi stavo perdendo qualcosa nella mia vita. Poi un tecnico della nazionale mi disse di provare con il lancio del disco e il getto del peso: ho lanciato lontano, al primo tentativo il record italiano. Mi sono reso conto che l’atletica era una parte della mia vita e io non lo sapevo. Due anni e mezzo di duro lavoro, poi l’argento e sono scoppiato di gioia come un palloncino”.

LUCIBELLO. I nostri 20 atleti contribuiscono a far capire che l’Inail non è solo assicurazione ma la sua articolazione sull’attività socio sanitaria non si esaurisce con i centri di Budrio, di Roma, di Volterra, di Lamezia. Tutta l’attività Inail è finalizzata a mettere l’infortunato al centro, dalla riabilitazione all’inserimento socio lavorativo”, dice il direttore generale Giuseppe Lucibello. La ricerca non si ferma, i risultati di Budrio sono raggiunti nel contesto di una rete di partner d’eccellenza: la mano bionica con l’IIT di Genova, altre macchine sono sperimentate e pronte ad entrare sul mercato, aspettiamo delle risposte positive dalla legge di bilancio perché ci manca l’ultimo pezzo, la possibilità di seguire i prodotti nel sistema produttivo e industriale, e di reinvestire eventuali utili in queste stesse attività. Con lo sport siamo partiti prima di Roma 1960, continueremo ancora con gli oltre 4 mila infortunati avviati allo sport insieme al Cip e all’azione del territorio, delle direzioni Inail, dei comitati territoriali Cip, delle istituzioni locali. I 20 atleti seguiti dall’Inail sono solo la punta dell’iceberg, noi non ci fermeremo qui.

COSTA. “Non sempre gli uomini di sport trasferiscono messaggi positivi: da alcuni arrivano capricci, polemiche, frasi banali o frasi fatte. Oggi abbiamo ascoltato parole con delle radici, dietro alle sfide sportive di questi atleti c’è un percorso di vita, di emozioni, di sensibilità”. Il ministro per gli Affari regionali Enrico Costa invita gli atleti a mantenere la spontaneità: “Siete l’orgoglio delle vostre famiglie e un esempio per tutti”.

TRATTO DA: http://www.superabile.it/web/it/CANALI_TEMATICI/Sport/News/info-167698445.html