On. Argentin al Corriere – Leggi e petizioni: Universal design in università

Abito nel mondo perfetto, il paese ideale per le persone con disabilità e non lo sapevo. Devo essere proprio distratto o malfidente per non essermi mai accorto di vivere quotidianamente in un luogo completamente a misura di persona in sedia a rotelle. Ho scoperto infatti che «dal 1992, anno in cui è stata promulgata l’unica legge, per la precisione la 104/92, che prevede sanzioni per il non abbattimento delle barriere architettoniche, solamente una persona in Italia è stata sanzionata» (fonte: Corte di Cassazione – Sezione III penale, 3 settembre 2001 n. 32773). A farmi questa rivelazione è Alberto Arenghi, professore associato di architettura tecnica all’Università di Brescia. Un amico, oltre che mio referente quando ho dei dubbi sulla normativa e le leggi sull’abbattimento delle barriere architettoniche, che come Morpheus, il personaggio che guida Neo nel film Matrix, mi ha svelato che quei gradini che vedo e mi impediscono l’ingresso in tanti luoghi sono solo frutto della mia fantasia, di un Matrix che mi fa vedere cose che in realtà per la legge italiana non esistono. O meglio esistono, dovrebbero essere abbattute, ma non c’è mai nessuno che se ne prende la responsabilità o viene punito.

Scusate l’ironia di queste prime righe. Purtroppo c’è poco da ridere. «Nonostante una delle normative più completa d’Europa si continuano a costruire altre barriere architettoniche – spiega l’onorevole Ileana Argentin, promotrice in commissione cultura della la proposta di legge n.705 -. Ho proposto questa legge che prevede l’introduzione negli istituti tecnici, così come nelle facoltà di ingegneria e architettura, di corsi specifici e obbligatori per saper costruire rispondendo alle esigenze di tutti i cittadini. Una progettazione di spazi, ambienti e oggetti utilizzabili da un ampio numero di persone a prescindere dalla loro età e capacità psico-fisica è conosciuto come “design for all” o “universal design”». Ma c’è di più, infatti nell’articolo 4 viene introdotta anche una parte sanzionatoria per chi non rispetta le norme e per chi firma i progetti. Verrebbe poi superato anche il problema del balletto delle responsabilità, infatti nello stesso articolo viene individuato un responsabile in carico a cui va la sanzione e che deve controllare.

Il progetto di legge «è stato presentato la scorsa legislatura dopo aver consultato molti stakeholder, e aver contattato anche il Miur – prosegue Argentin – giace ancora senza calendarizzazione. E così come ho fatto con la legge sul Dopodinoi, ho deciso di lanciare una raccolta di firme su Change.org. Siamo a oltre 10 mila firme».

«Quello che amareggia – racconta Arenghi – è che sia necessaria una legge per dire a chi progetta che deve farlo per le persone, tutte le persone. E’ quasi una sconfitta per architetti ed ingegneri che dovrebbero pensare che ciò che progettano ha sempre e comunque al centro l’uomo e non altro» Ben venga una legge, se questa è il punto di partenza di un processo e non quello di arrivo. «Limitare l’approccio dettato dall’universal design all’edilizia è, oggi, forse riduttivo – prosegue il docente che dal 2001 al 2007 è stato anche il referente per l’accessibilità in commissione edilizia a Brescia -. Sarebbe necessario ampliare la platea degli studenti soprattutto nell’ambito di chi progetta e gestisce i servizi. Un treno può essere accessibile, ma se attorno non si creano le condizioni per usufruirne, quell’accessibilità è inutile». Un altro problema è costituito dalla stessa normativa: la legge 13  del gennaio ‘89 che si riferisce all’edilizia residenziale e il dpr 503 del ’96 che si regola invece all’edilizia pubblica, hanno più di 20 anni. Le esigenze e le condizioni tecniche, come gli ausili, sono differenti. «Occorrerebbe quindi un restyling, una legge quadro – conclude Arenghi – che conciliasse tra loro standard differenti e facesse un po’ di ‘pulizia’ di tante norme che spesso collidono tra loro».

I costi maggiori? Una scusa per non fare. Progettare già per tutti, soprattutto con una società che invecchia, significa anche ridurre i costi. Una barriera da eliminare in futuro ha comunque un prezzo da pagare. «Costiamo di più – chiude con una battuta Argentin – perchè siamo considerati un mondo a parte che ha delle esigenze peculiari. Non è così. Ciò che serve ai disabili, spesso è comodo anche per le altre persone».

 

Tratto da: http://invisibili.corriere.it/2016/10/24/leggi-e-petizioni-universal-design-in-universita/#more-16133carrozzina1