novembre
Siamo tutti necessari
Posted by Ileana Argentin at 3:31 PM. Placed in Primo piano category
Avere sete, un bicchiere davanti ghiacciato con acqua fresca e non poterlo prendere, questo è il limite. Avere la necessità di star bene e non poter acquistare la magica “polvere” che in pochi attimi fa sparire tutto il disagio e ti fa entrare nella sfera della felicità, questo è il limite.
Essere belli ma sentirsi brutti e inappropriati anche se lo specchio e il mondo ci dicono che così non è, questo è il limite. Pensare che l’alcool possa rendere la quotidianità più semplice e allegra, questo è il limite. Non poter affrontare 24 ore senza fumare una sigaretta, pur sapendo che fa male, questo è il limite.
Farsi prestare i soldi da un usuraio per fare le vacanze come gli “altri”, per poter poi postare le foto su facebook, questo è il limite. Pensare di diventare ricco avventurandosi in ogni forma di gioco d’azzardo, perché i soldi danno la felicità, questo è il limite.
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Sono tanti i limiti con i quali fare i conti ogni giorno ma a monte del limite c’è la dipendenza, siamo tutti schiavi e dipendenti dall’idea di normalità, dove tutto è giustificato e arrivabile. Vado a spiegarmi: per chi non può prendere un bicchiere d’acqua quando ha sete perché impossibilitato da un handicap la dipendenza è nell’altra persona che le vive accanto o è pagata per farlo, ciò è pesante ma inevitabile, fa scaturire in ogni caso un rapporto di subalternità che diviene “normale” pur non essendolo neanche un po’.
La dipendenza da sostanze stupefacenti non è poi così diversa, in tanti pensano che l’handicap ti cade addosso e che invece il drogato sceglie di diventarlo, ma anche questa è una bugia, nessuno vorrebbe essere dipendente dalla “polvere” però la sua subalternità alla società gli impone di essere all’altezza degli altri e quindi lo spinge alla forza fasulla della droga.
Così come si diventa dipendenti dell’omologazione perché sono troppi i falsi belli rispetto ai veri brutti e ancora, si è dipendenti dall’alcool o dal tabacco perché non ci bastano le nostre forze per affrontare una società diffidente e poco solidale. Infine essere ricchi o fare le vacanze è importante perché la maggior parte di chi ci vive intorno mostra di essere benestante e felice. Di conseguenza ciò ci costringe a mostrare una forza monetizzata e a non poter rinunciare al lusso delle immagini, magari non godute, da mostrare sui social.
Tutto ciò mi mette un’ansia infinita perché alla fine gli stereotipi sociali rendono tutti “negativamente” dipendenti. Cosa si può fare? Non lo so chiaramente, ma forse la prima cosa dalla quale cominciare è provare a ribaltare la prospettiva e cioè: non siamo tutti dipendenti, ma tutti necessari.
La comunità e il vivere insieme non ci deve schiavizzare ma liberare dai “limiti” e questo è possibile se i parametri non sono più le nostre difficoltà bensì le nostre capacità di essere solidali l’uno con l’altro e di sapersi accettare ed accogliere sia pur se differenti.
Mi sembra che così già vada molto meglio, la vita torna a essere una cosa straordinaria e vivere insieme agli altri è fantastico perché ci allontana dall’idea di dipendenza e disagio trasformando i nostri bisogni in necessità umane che possono essere colmate da chiunque sia in grado di condividere le proprie capacità.
Tratto da: http://m.huffpost.com/it/entry/12953182